Voci della Sanità 21 Marzo 2019 16:16

Ospedale San Raffaele, primo intervento endovascolare con protesi personalizzata per aneurisma arco aortico

Per la prima volta in Italia l’Unità di Chirurgia vascolare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal professor Roberto Chiesa, ha eseguito un intervento completamente endovascolare per curare un aneurisma dell’arco aortico con una protesi personalizzata. Il centro dell’aorta dell’Ospedale San Raffaele – una delle 19 strutture di eccellenza del Gruppo San Donato – è una […]

Per la prima volta in Italia l’Unità di Chirurgia vascolare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal professor Roberto Chiesa, ha eseguito un intervento completamente endovascolare per curare un aneurisma dell’arco aortico con una protesi personalizzata.

Il centro dell’aorta dell’Ospedale San Raffaele – una delle 19 strutture di eccellenza del Gruppo San Donato – è una delle istituzioni più all’avanguardia al mondo per il trattamento chirurgico ed endovascolare degli aneurismi dell’aorta toraco-addominale, dell’arco aortico e dell’aorta addominale. In particolare, negli ultimi 5 anni, grazie al suo programma endovascolare avanzato che permette il trattamento mini-invasivo con endoprotesi fenestrate e ramificate, sono stati trattati circa 100 pazienti affetti da aneurismi complessi altrimenti non operabili.

L’aneurisma è una dilatazione progressiva di un tratto dell’arteria causato da un’alterazione delle sue pareti. Il maggior pericolo è costituito dalla possibile rottura dell’aneurisma con conseguente emorragia interna che mette in pericolo la vita dei pazienti. Tra i fattori di rischio principali ci sono l’età, la familiarità, i livelli elevati di colesterolo nel sangue, il diabete e il fumo di sigaretta. L’aneurisma può interessare tutte le arterie e anche l’aorta, nel tratto toracico, toraco-addominale o addominale. Nei pazienti sopra i 75 anni o con un quadro clinico complesso la chirurgia tradizionale, che prevede l’apertura chirurgica dello sterno, non è attuabile e per questo nel corso degli ultimi anni l’équipe di Chirurgia Vascolare ha maturato grande esperienza con le metodiche endovascolari, ovvero che prevedono l’accesso attraverso i vasi sanguigni, senza dover aprire il torace.

L’intervento mini-invasivo endovascolare, come quello eseguito pochi giorni fa al San Raffaele dall’équipe guidata dal professor Roberto Chiesa con la collaborazione del dottor Luca Bertoglio e del professor Tilo Kölbel, dell’Università di Amburgo, prevede due piccole incisioni in corrispondenza di due grosse arterie periferiche – all’inguine e al braccio – e l’inserimento di un catetere che trasporta un’endoprotesi fino al tratto di aorta malato. L’endoprotesi è costruita ad hoc in base alle caratteristiche anatomiche del paziente, ed è composta da stent metallici e tessuto in Dacron: permette di escludere l’aneurisma dal circolo del sangue, evitandone la rottura, e preservando allo stesso tempo la perfusione cerebrale e coronarica. Questa particolare protesi, inoltre, presenta una “finestra” che consente di mantenere il flusso ai vasi cerebrali.

Il paziente trattato, un uomo di 67 anni, era già stato sottoposto a un precedente intervento cardiochirurgico di bypass coronarico e pertanto risultava a elevato rischio per la chirurgia tradizionale “a cuore aperto”. Dopo una TAC coronarica, i chirurghi e gli ingegneri clinici hanno studiato la possibilità di costruire un’endoprotesi personalizzata. L’intervento, durato 2 ore, è stato eseguito nella sala ibrida di ultima generazione dell’ospedale e il paziente dopo 3 giorni è stato dimesso e sta bene.

“Siamo molto fieri dell’esito di questo complesso intervento, che dimostra quanto l’Ospedale San Raffaele sia un polo di eccellenza per la diagnosi e la cura della patologia aortica”, spiega il professor Chiesa. “Oggi, l’esperienza maturata dal nostro centro nella cura endovascolare della patologia aortica complessa con protesi ramificate e fenestrate dell’aorta toraco-addominale ci ha permesso di estendere le indicazioni anche a distretti ancora più complessi quali l’arco aortico. Auspichiamo che nel futuro saranno sempre di più le persone operabili con queste tecniche endovascolari avanzate”, conclude il professor Chiesa.

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