Dalla fermentazione dei principali sottoprodotti della produzione di olio d’oliva (sansa di oliva denocciolata) è possibile ricavare ricavabile un nuovo alimento a base vegetale, con un significativo impatto prebiotico sul microbiota fecale di individui sani e con attività antiinfiammatoria dimostrata su modello animale. Questo è quanto emerge da uno studio dell’Università di Teramo, guidato da Aldo Corsetti e presentato nel corso del 45esimo congresso nazionale della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU).
Negli ultimi anni la fermentazione ha suscitato un crescente interesse scientifico volto alla valorizzazione delle potenzialità salutistiche che questo processo può conferire agli alimenti fermentati attraverso le attività dei microrganismi coinvolti. La natura trasformativa della fermentazione è in grado di modificare la materia prima e garantire la conservazione dei nutrienti originari, ma anche di arricchire l’alimento con nuove molecole bioattive e microrganismi vivi o loro componenti (postbiotici e prebiotici) che, una volta raggiunto l’intestino, possono interagire col microbiota residente anche modificandone, in senso positivo, la struttura.
Tra gli alimenti fermentati, le matrici alimentari di origine vegetale (ricche in vitamine, minerali, fibre e composti antiossidanti) sono oggetto di maggiore studio da parte della comunità scientifica per lo sviluppo di nuovi alimenti funzionali, al fine di superare i limiti dei più comuni alimenti di origine lattiero-casearia e andare incontro alle esigenze delle diete rivolte a intolleranti al lattosio, vegano-vegetariane o a ridotto contenuto di colesterolo, e allo stesso tempo in linea con la dieta mediterranea, associata a un rischio ridotto di sviluppare malattie croniche e ad una maggiore aspettativa di vita.
I consumatori sono sempre più interessati a una dieta sana, principalmente diminuendo l’assunzione di prodotti alimentari ad alto contenuto di grassi e di origine animale, per motivi di salute, sostenibilità ed
etica. Le olive rappresentano matrici adatte per produrre alimenti fermentati sani, innovativi e sostenibili dal punto di vista ambientale.
“La biotrasformazione dei sottoprodotti dell’olio d’oliva (e dei loro composti bioattivi), attraverso la
selezione e l’utilizzo di colture starter multifunzionali, in alimenti funzionali con caratteristiche sensoriali migliorate, rappresenta una importante strategia per limitare il grave impatto ambientale e l’impatto economico della gestione dei residui di olio d’oliva, nonché per sviluppare alimenti funzionali vegetali ad alto valore tecnologico e salutistico (es. proprietà antiossidanti, antiinfiammatorie, etc.)”, afferma Corsetti. Lo studio dell’Università di Teramo è stato condotto con un duplice approccio: su un modello di fermentazione colonica (GutModel), nel quale è stato dimostrato un significativo impatto prebiotico sul microbiota fecale di individui sani di un alimento a base di crema di olive, ricco in polifenoli, deamarizzato biologicamente e arricchito con ceppi selezionati di Lactiplantibacillus plantarum isolati da alimenti fermentati; e su un modello murino di colite cronica indotta, nel quale la contemporanea somministrazione della crema di olive e di ceppi di Lbp. plantarum ha ridotto significativamente le citochine infiammatorie.
Questo alimento di moderna generazione, di origine vegetale, è stato ottenuto dalla fermentazione della sansa di oliva denocciolata, uno dei principali sottoprodotti della produzione di olio d’oliva, importante fonte di fibre e di molecole bioattive come i composti fenolici, il cui sfruttamento fino ad oggi è limitato all’alimentazione animale. Molti scienziati del settore alimentare considerano già l’olio e le olive come l'”oro verde” per via dei numerosi composti bioattivi che contengono. La biotrasformazione di questi prodotti, attraverso la fermentazione e lo sfruttamento dei potenziali effetti combinati dei composti bioattivi dell’oliva e dei batteri lattici associati, può portare a superare le limitazioni al loro consumo, ad aprire nuove tendenze di mercato, soddisfacendo le esigenze delle diete prive di lattosio, vegano-vegetariane o a basso contenuto di colesterolo, a migliorare l’aderenza alla dieta mediterranea, nonostante i vincoli della società moderna, a suggerire una potenziale applicazione terapeutica in interventi dietetici e non per ultimo, in un’ottica di economia circolare, a limitare l’impatto ambientale ed economico della gestione di questi sotto-prodotti.
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