Pandemie 15 Dicembre 2022 16:18

Long Covid, dall’Iss una guida per la gestione dei pazienti

L'Istituto superiore di sanità ha diffuso una guida con le raccomandazioni per la gestione dei pazienti affetti da Long Covid con lo scopo di contribuire a standardizzare le attività dei centri clinici sul territorio nazionale
Long Covid, dall’Iss una guida per la gestione dei pazienti

Una guida con le buone pratiche per la diagnosi e gestione del Long Covid, in modo da uniformare la presa in carico del paziente in tutti i centri specializzati nella sindrome post-infezione che si trovano in Italia. A realizzarla è stato l’Istituto superiore di sanità (Iss) nell’ambito del progetto CCM dal titolo «Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione Covid-19 (Long-COVID)», finanziato dal ministero della Salute. «A tre anni dall’inizio della pandemia da Sars-CoV-2 appare ormai chiaro che per un numero importante di persone colpite da Covid-19 – spiega l’Iss – le manifestazioni cliniche non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi con un eterogeneo complesso di manifestazioni cliniche subacute e croniche che precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute, che vanno sotto il nome di ‘Long-Covid’».

Medico di famiglie e pediatra sono i primi a valutare i pazienti

Nelle diverse sezioni del testo «sono riportati quesiti clinici che ci si è proposti di affrontare, con la finalità di migliorare la pratica clinica e la qualità delle cure offerte al paziente con Long Covid», spiega l’Iss. Tra le domande presenti, quella dedicata a chi deve valutare il paziente con sospetto condizioni di Long Covid. Secondo l’Iss è il «Medico di Medicina Generale (MMG) o il Pediatra di Libera Scelta (PLS) a rappresentare le figure che per prime valutano il paziente», specificando che «nei pazienti con precedente ospedalizzazione per Covid-19 può essere prevista una valutazione di screening per i sintomi Long Covid svolta dal medico di medicina generale o pediatra o in centri specialistici. Visite e procedure diagnostiche successive vengono programmate secondo le necessità cliniche del paziente».

La valutazione per Long Covid va effettuata nei pazienti ricoverati dopo 4-5 settimane da dimissione

Il documento specifica anche che «dovrebbero ricevere una valutazione per il Long Covid – spiega l’Iss – tutti i pazienti in cui l’infezione è stata causa di ospedalizzazione. Tale valutazione dovrebbe essere effettuata a 4-6 settimane dalla dimissione». In coloro che non sono stati ricoverati, particolare attenzione va data ai pazienti con fragilità o cronicità complesse. «I segni o sintomi, presenti sia singolarmente che frequentemente in associazione, da considerare dovrebbero essere quelli a maggiore prevalenza nella sindrome Long Covid (astenia, tosse, dispnea, cefalea, disturbi del sonno, confusione mentale, difficoltà di concentrazione, brain fog, anoressia, anosmia-disosmia, ageusia-disgeusia, mialgie, palpitazioni, dolori articolari, ansia, sintomi depressivi, dolore toracico, faringodinia, rash cutaneo, sintomi gastrointestinali, xerostomia) – si legge nel documento – ma non dovrebbero essere trascurati sintomi più rari o atipici, particolarmente nella popolazione anziana ed in quella pediatrica».

Riduzione del rendimento tra i «sintomi» a cui fare attenzione

Nel documento viene infatti sottolineato che «dovrebbe essere prestata attenzione ad assenza o riduzione di rendimento nell’ambito lavorativo o scolastico e alla riduzione delle interazioni sociali. Il Long Covid rappresenta una diagnosi di esclusione che può essere posta solo una volta considerate ed escluse le complicazioni legate a patologie di diversa eziologia». Al fine di considerare il punto di vista del paziente, in termini di valori, priorità e preferenze, il processo di sviluppo degli statement ha coinvolto, come membro del panel, un rappresentante dei pazienti. Secondo l’Iss, gli statement prodotti potranno inoltre «ottimizzare la ridistribuzione di risorse sanitario-assistenziali sulla base di principi di priorità delle cure e grazie all’individuazione di soggetti a maggior rischio di eventi avversi».

 

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