Mentre le infezioni sessualmente trasmesse (IST) continuano a crescere, emerge la necessità di un modello innovativo e integrato per garantire una diagnosi precoce efficace e sostenibile. Punta in questa direzione il Report “Infezioni Sessualmente Trasmesse: Barriere e soluzioni della diagnosi precoce”, presentato oggi alla Camera dei Deputati. Il Documento è nato dall’analisi di due sondaggi e dal lavoro di un Focus Group multidisciplinare che coinvolge esperti di microbiologia, dermatologia, ginecologia e salute pubblica. Il progetto fotografa la situazione italiana sulle IST, mettendo a fuoco le principali difficoltà nell’accesso ai test diagnostici e proponendo un percorso di azioni concrete per migliorare la prevenzione, la formazione degli operatori e la capillarità dei servizi sul territorio.
I dati emersi sono allarmanti: nonostante l’87% della popolazione conosca le infezioni sessualmente trasmesse e l’80% sia a conoscenza dell’esistenza di test diagnostici, solo tre persone su 10 li hanno mai effettuati. Inoltre, tra coloro che non hanno mai fatto un test, quasi la metà non sa a quale struttura rivolgersi. A pesare sono soprattutto lo stigma sociale e la scarsa informazione. Si aggiunge poi una diffusa insoddisfazione per le informazioni ricevute dal medico di fiducia, che nel 60% dei casi è identificato come ginecologo o andrologo, anche se manca una figura specialistica predominante. Questo mix di fattori contribuisce a rallentare la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva.
Per superare queste barriere, il Focus Group ha indicato quattro direttrici di intervento fondamentali, che si intrecciano tra loro e offrono una strada concreta da percorrere. Innanzitutto, è necessaria una campagna di informazione efficace e capillare, soprattutto rivolta ai più giovani e alle famiglie, per aumentare la consapevolezza sulle IST e stimolare il coinvolgimento attivo dei cittadini. In secondo luogo, vanno potenziati gli interventi di prevenzione e la diagnosi precoce, garantendo un accesso equo e facilitato ai test diagnostici su tutto il territorio nazionale. Sul fronte della formazione, è fondamentale investire nella preparazione di tutti gli operatori sanitari — non solo infettivologi, ma anche ginecologi, dermatologi, medici di medicina generale, ostetriche, infermieri e farmacisti — affinché assumano un ruolo proattivo nel sensibilizzare e accompagnare i pazienti. Infine, va sviluppato un modello organizzativo di tipo Hub&Spoke che rafforzi la rete territoriale, facilitando l’integrazione tra centri specialistici e servizi locali, così da garantire risposte tempestive ed efficaci.
“I dati dell’Istituto Superiore di Sanità per il 2023 confermano un aumento delle IST del 9% rispetto al 2022 e del 17% rispetto al 2021 – Barbara Suligoi, Direttrice del Centro Operativo AIDS dell’ISS -. Molte infezioni batteriche, come clamidia, gonorrea e trichomonas, restano asintomatiche e non diagnosticate, con rischi importanti per la salute, tra cui infertilità, complicanze in gravidanza e un maggior rischio di HIV. È indispensabile quindi una maggiore capillarità dei centri IST e una diagnosi precoce per prevenire complicanze anche gravi”.
I numeri relativi ai test diagnostici sono preoccupanti. Nel 2021 sono stati effettuati poco più di 11.600 test in Italia, a fronte di oltre 37 milioni di persone sessualmente attive. “Il 90% dei casi viene diagnosticato solo dopo che l’infezione è già avvenuta — sottolinea Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI — eppure i test sono affidabili e i referti possono essere emessi in meno di 24 ore. Serve un impegno concreto delle istituzioni per campagne di screening diffuse e per valorizzare il ruolo centrale del medico di famiglia e del pediatra di libera scelta, che devono poter prescrivere i test o indirizzare lo specialista in modo efficace”.
“Le infezioni sessualmente trasmesse riguardano tutta la popolazione, ma soprattutto i giovani — sottolinea Luca Bello, Presidente SIMaST —. Per questo serve un’educazione sessuale chiara e capillare, a partire dalla scuola. Al tempo stesso, bisogna formare adeguatamente tutto il personale sanitario che si trova in prima linea, perché sappia riconoscere, diagnosticare e affrontare il tema con competenza e sensibilità”.
L’onorevole Mauro D’Attis, promotore dell’incontro, ha ribadito la necessità di un’azione pubblica integrata e condivisa: “Prevenzione e diagnosi precoce devono diventare una priorità delle politiche sanitarie, con il coinvolgimento attivo del Terzo Settore e delle istituzioni locali”. Per l’ onorevole Gian Antonio Girelli serve “una strategia nazionale che promuova l’accesso ai test, campagne informative continue e servizi territoriali più vicini ai cittadini, soprattutto ai più giovani. Solo superando stigma e disinformazione – conclude – potremo garantire una prevenzione efficace e sostenibile”.