I cambiamenti nella biologia del grasso interno potrebbero essere la causa principale dell’insufficienza cardiaca. Lo rivela uno studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology e condotto dagli scienziati del Baylor University Medical Center di Dallas e dell’Imperial College di Londra. Il team, guidato dallo scienziato Milton Packer, ha presentato l’”ipotesi dell’adipochina”: un nuovo quadro concettuale per spiegare come l’eccesso di tessuto adiposo interno contribuisca direttamente allo sviluppo di una comune problematica cardiaca.
L’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (HFpEF), spiegano gli esperti, è una condizione che si sviluppa a seguito di cambiamenti nella biologia del tessuto adiposo. Finora, però, non esisteva un’ipotesi unificante per spiegare la malattia, il che ha portato a notevoli incomprensioni e a una mancanza di indicazioni sia nella diagnosi che nella terapia. L’HFpEF provoca un irrigidimento del muscolo cardiaco, ed è il tipo più comune di insufficienza cardiaca, che colpisce quasi 32 milioni di persone in tutto il mondo. Quasi tutti i pazienti con HFpEF presentano un significativo eccesso di tessuto adiposo che circonda gli organi vitali, incluso il cuore. Tuttavia, fino ad ora, non era chiaro come questa conformazione fosse legata all’insufficienza cardiaca.
Le adipochine, spiegano gli esperti, sono molecole di segnalazione rilasciate dal tessuto adiposo e che gli permettono di comunicare con il resto del corpo. In una persona sana, le adipochine svolgono un ruolo nutriente: proteggono cuore e reni, contribuendo a ridurre stress e infiammazione, mantenendo al contempo l’equilibrio di sodio e liquidi. Ma quando c’è un eccesso di grasso interno, il tessuto adiposo inizia a produrre e rilasciare una diversa serie di adipochine, che promuovono stress, infiammazione e lo scompenso cardiaco. L’ipotesi delle adipochine sottolinea l’importanza di utilizzare farmaci che riducono il tessuto adiposo e ne ripristinano la biologia sana.
I ricercatori propongono di utilizzare un indice specifico per classificare il rischio di tessuto adiposo interno in eccesso: il rapporto tra vita e altezza. A differenza dell’indice di massa corporea, infatti, questo valore è più direttamente correlato al rischio di HFpEF. Normalmente, il rapporto tra vita e altezza dovrebbe essere inferiore a 0,5, per cui la vita dovrebbe essere inferiore alla metà dell’altezza. Quasi tutti i pazienti con HFpEF hanno un rapporto vita-altezza superiore a 0,6. Tale rapporto è clinicamente importante, anche quando l’indice di massa corporea non soddisfa i criteri per l’obesità. “Nei pazienti con un rapporto vita-altezza elevato – afferma Packer – i medici dovrebbero essere molto attenti a chiedere ai pazienti informazioni sui potenziali sintomi di HFpEF. Molte persone che hanno difficoltà a respirare mentre camminano attribuiscono i loro sintomi all’obesità, quando in realtà sono correlati all’HFpEF e possono essere trattati efficacemente”.
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