Migliorare il controllo glicemico, favorire la perdita di peso e semplificare la terapia: sono le direttrici lungo cui si muovono le nuove frontiere farmacologiche per il trattamento del diabete tipo 2 e dell’obesità. A testimoniarlo sono i dati incoraggianti su MariTide e orforglipron, due molecole presentate nel corso dell’85° Sessione Scientifica dell’American Diabetes Association (ADA), che rappresentano due strategie terapeutiche diverse ma complementari, accomunate da una promessa: trattamenti più efficaci, mirati e sostenibili.
MariTide è una combinazione sperimentale tra maridebart e cafraglutide, due principi attivi capaci di agire con un meccanismo duale: agonismo del recettore GLP-1 e antagonismo del recettore GIP. Due bersagli, un unico farmaco somministrabile una volta al mese, grazie alla lunga emivita. “L’ampliamento dell’armamentario terapeutico offre al diabetologo maggiori possibilità di ottimizzare e personalizzare la terapia in base al profilo clinico della persona con diabete”, spiega Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID), sottolineando il valore della flessibilità nei percorsi terapeutici.
Lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha valutato l’efficacia di MariTide su soggetti con obesità con o senza diabete tipo 2. Dopo 52 settimane, i pazienti con sola obesità hanno perso dal 12,3% al 16,2% del peso corporeo, quelli con diabete dal 8,4% al 12,3%, a fronte di un calo minimo nei gruppi placebo. La massa grassa si è ridotta fino al 36,8%, mentre la massa magra è rimasta stabile. Nei pazienti con diabete, i livelli di emoglobina glicata si sono ridotti tra -1,2% e -1,6%. “Il calo ponderale non si era ancora stabilizzato alla fine dello studio, lasciando immaginare un’azione prolungata nel tempo – osserva Stefano Del Prato, presidente dell’European Diabetes Forum -. Inoltre, la somministrazione mensile può migliorare l’aderenza alla terapia e quindi i risultati a lungo termine”.
Un’altra novità è orforglipron, la prima piccola molecola GLP-1 RA non peptidica somministrabile per via orale, studiata per chi è meno incline a trattamenti iniettivi. A differenza dei più noti analoghi come semaglutide o liraglutide, orforglipron si assume per bocca, e nei test clinici ha mostrato performance comparabili. Nello studio ACHIEVE-1, condotto su persone con diabete tipo 2 e sovrappeso/obesità, il farmaco ha ottenuto riduzioni significative dell’emoglobina glicata, dal -1,24% al -1,48%, a seconda della dose, rispetto al -0,41% del placebo. La perdita di peso è risultata anch’essa significativa: dal -4,5% al -7,6% rispetto al -1,7% del gruppo placebo.
Risultati promettenti anche sugli obiettivi glicemici: fino al 73% dei pazienti trattati ha raggiunto valori di HbA1c <7%, e fino al 62% ha centrato il target più ambizioso del 6,5%. Un ulteriore 24% ha raggiunto valori inferiori al 5,7%. Gli effetti collaterali sono stati prevalentemente gastrointestinali, lievi o moderati, e limitati alla fase iniziale di titolazione. “Si tratta del primo agonista del recettore GLP-1 non peptidico a somministrazione orale valutato in uno studio randomizzato e controllato di Fase 3 – spiega Stefano Del Prato -. A differenza dei tradizionali agonisti del GLP-1RA (come semaglutide, liraglutide o dulaglutide), che sono peptidi somministrati per via iniettiva, orforglipron è una piccola molecola assorbibile per via gastrica e quindi somministrabile per bocca. Come tale offre un’ulteriore soluzione terapeutica alternativa soprattutto per quelle persone con diabete poco disponibili nei confronti di trattamenti iniettivi. Il portfolio dei farmaci per il trattamento del diabete e dell’obesità si arricchisce di nuove soluzioni – conclude Del Prato – permettendo di porsi traguardi più ambiziosi per molte più persone con diabete. Spetta ai diabetologi sfruttare appieno queste opportunità con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone con diabete e obesità”.
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