Salute 22 Settembre 2025 10:44

Diabete di tipo 1, nel mondo milioni di persone senza diagnosi e cure adeguate

Nel 2025 saranno 9,5 milioni le persone con diabete di tipo 1 nel mondo, destinate a salire a quasi 15 milioni nel 2040. Lo studio presentato all’Easd denuncia gravi disuguaglianze, con enormi differenze nell’aspettativa di vita tra Paesi ricchi e poveri
Diabete di tipo 1, nel mondo milioni di persone senza diagnosi e cure adeguate

Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica che colpisce soprattutto bambini e giovani adulti e che, nonostante i progressi scientifici, continua a rappresentare una sfida globale. Secondo le nuove stime presentate al congresso annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (Easd) e pubblicate su The Lancet Diabetes & Endocrinology, nel 2025 saranno 9,5 milioni le persone che vivono con questa condizione, il 13 per cento in più rispetto al 2021. Le proiezioni indicano che il numero salirà a 14,7 milioni entro il 2040.

I dati aggiornati dello studio

Lo studio, basato sull’analisi del T1D Index e dell’International Diabetes Federation Atlas, ha combinato modelli matematici e dati provenienti da 202 Paesi. Ne emerge che, nel 2025, un milione di persone con diabete di tipo 1 avrà meno di 14 anni e 800mila saranno adolescenti tra i 15 e i 19 anni. Nello stesso anno sono attesi oltre 513mila nuovi casi, di cui 164 mila in bambini e 58mila in adolescenti. L’incidenza è in aumento del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente, segnale che la curva continua a crescere.

Le disuguaglianze tra Paesi

Il quadro appare ancora più critico nei contesti a basso reddito. In queste aree, i casi prevalenti sono aumentati del 20 per cento rispetto al 2021, passando da 1,8 a 2,1 milioni nel 2025. È anche qui che si registra la più alta percentuale di decessi prematuri: in tutto il mondo saranno 174 mila le persone che moriranno di diabete di tipo 1 nel 2025, e il 17 per cento di questi decessi è attribuibile al mancato riconoscimento della malattia subito dopo l’esordio. L’India è il Paese con il bilancio più pesante, con circa 159 mila morti per diagnosi mancate.

L’aspettativa di vita residua

Uno degli aspetti che più evidenzia le disparità globali è l’aspettativa di vita. Nel 2025 un bambino di dieci anni con una nuova diagnosi di diabete di tipo 1 potrà vivere, a seconda del Paese, da un minimo di sei anni fino a un massimo di 66. Una forbice che racconta quanto conti l’accesso a insulina, strumenti di monitoraggio e cure di base: nei Paesi ricchi questi mezzi permettono una sopravvivenza quasi sovrapponibile a quella della popolazione generale, mentre in quelli poveri il futuro resta molto incerto.

Le “persone mancanti”

Accanto ai numeri ufficiali c’è poi una popolazione invisibile, che lo studio definisce “persone mancanti”: sono coloro che non compaiono nelle statistiche perché non hanno mai ricevuto una diagnosi o perché sono morti troppo presto per la mancanza di cure adeguate. Nel 2025 si stima che siano 4,1 milioni, cifra destinata a crescere fino a 6,7 milioni nel 2040 se non verranno messe in campo strategie concrete.

La necessità di dati e azioni

Lo studio mette in luce anche un altro limite: per oltre il 50 per cento dei Paesi del mondo non esistono dati epidemiologici aggiornati sul diabete di tipo 1. Si tratta di 119 Paesi per i quali le stime derivano da estrapolazioni, una condizione che rischia di sottostimare la reale entità del problema. Per questo i ricercatori sottolineano la necessità urgente di rafforzare la sorveglianza, condurre studi di popolazione e migliorare la raccolta dei dati.

Un appello per il futuro

Il diabete di tipo 1 non è una condizione rara e non può più essere considerato una malattia “di nicchia”. È un problema di salute globale che sta crescendo rapidamente e che porta con sé profonde disuguaglianze. L’accesso universale all’insulina, ai dispositivi per il monitoraggio glicemico e a diagnosi tempestive non dovrebbe essere un privilegio, ma un diritto garantito. Dietro ogni numero c’è una vita che può essere salvata o compromessa, e il modo in cui i sistemi sanitari decideranno di affrontare questa sfida definirà il futuro di milioni di persone, soprattutto giovani.

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