Pubblicato su The Lancet, il lavoro evidenzia come le differenze tra i vari farmaci possano avere un impatto significativo sui parametri fisiologici dei pazienti
Gli antidepressivi rappresentano uno dei pilastri del trattamento di molti disturbi psichici, ma non tutti agiscono allo stesso modo. Alcuni possono far aumentare il peso, altri ridurlo; alcuni alzano la pressione, altri la abbassano. A rivelarlo è un ampio studio coordinato dal King’s College di Londra e pubblicato sulla rivista The Lancet, che invita a un uso più consapevole e personalizzato di questi farmaci.
Effetti diversi sul corpo, da farmaco a farmaco
Secondo i ricercatori, fino al 17% della popolazione adulta in Europa e Nord America assume antidepressivi. Si tratta di una categoria di farmaci molto eterogenea, capace di migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti, ma anche di generare effetti collaterali molto diversi tra loro. “Il grado in cui si verificano alterazioni fisiologiche nei pazienti trattati con vari antidepressivi rimane poco chiaro”, spiegano gli autori, che per fare luce sul tema hanno analizzato quasi 170 ricerche riguardanti una trentina di principi attivi. I risultati mostrano che gli antidepressivi possono indurre alterazioni cardiometaboliche e fisiologiche di diversa entità. “Le differenze più evidenti riguardano il peso, la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna”, sottolineano gli studiosi.
Dal peso alla pressione: variazioni anche significative
Gli effetti riportati variano in modo sostanziale. Per il peso corporeo, alcuni farmaci sono associati a una perdita di 1-2,5 kg, mentre altri possono portare a un aumento di pari entità. Per la frequenza cardiaca, si passa da un incremento fino a 8 battiti al minuto a una riduzione di 14; per la pressione arteriosa, invece, si osservano variazioni che vanno da +10 a -5 punti.
Verso una prescrizione su misura
Secondo il team del King’s College, questi dati mettono in evidenza quanto sia importante scegliere l’antidepressivo più adatto al singolo paziente, tenendo conto delle sue condizioni cliniche e del profilo metabolico e cardiovascolare. “Per un paziente, assumere l’uno o l’altro farmaco può fare una grande differenza”, osservano i ricercatori. “È tempo di rivedere le linee guida e promuovere una maggiore personalizzazione delle terapie, affinché la cura della mente non comprometta la salute del corpo”.
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