Le fibrosi polmonari sono malattie rare, progressive e irreversibili, che in Italia colpiscono migliaia di persone. La diagnosi tardiva e la mancanza di percorsi omogenei pesano sulla qualità di vita dei pazienti e mettono alla prova il Servizio Sanitario Nazionale. Di questo si è discusso nel secondo appuntamento di “Dovere di parola”, il format ideato da Boehringer Ingelheim, per contribuire all’informazione, alla discussione, alla circolarità delle competenze e dei punti di vista sui più importanti temi dell’attualità sanitaria. La Campagna “AiR” continuerà ora il suo percorso di confronto, coinvolgendo Istituzioni nazionali e regionali, clinici e associazioni di pazienti, un partenariato capace di dar vita ad un’esperienza immersiva multisensoriale mostrando la complessità della patologia nelle sue molteplici sfaccettature.
Ad aprire il dialogo è stata l’onorevole Ilenia Malavasi, della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, che ha sottolineato la necessità di un fronte comune tra cittadini, medici e centri di riferimento: “Oggi parliamo di patologie su cui c’è ancora molto da fare. La diagnosi arriva ancora in ritardo, spesso 1-2 anni dopo i primi sintomi, che sono generici e non aiutano a un’individuazione tempestiva. Serve quindi informare e formare i cittadini, renderli più consapevoli e, allo stesso tempo, supportare il lavoro dei medici di medicina generale, che devono essere i primi a indirizzare i pazienti verso i centri specialistici”. Malavasi ha insistito anche sulla necessità di superare le differenze regionali: “In Italia c’è una forte disomogeneità nella distribuzione dei centri. Occorre rafforzare la collaborazione tra ospedali e territorio per garantire presa in carico e continuità assistenziale. Per questo è fondamentale arrivare al più presto a linee guida nazionali, che possano uniformare i percorsi e garantire lo stesso diritto di cura e di vita a tutti i pazienti”.
Il presidente della Commissione Sostenibilità sociale, casa e famiglia della Regione Lombardia, Emanuele Monti, ha posto l’accento sul coinvolgimento del territorio: “È fondamentale condividere strategie di prevenzione e renderle concrete. I distretti, presenti in tutte le regioni, possono diventare il luogo di coordinamento tra enti locali, associazioni, terzo settore, farmacie e medici di medicina generale. Una vera coalizione del territorio capace di declinare la prevenzione nella pratica”. Monti ha poi evidenziato l’importanza di uno screening mirato: “Bisogna identificare popolazioni a rischio, come persone sopra i 50-55 anni o forti fumatori, e attivare programmi di screening dedicati. In questo modo si può anticipare la diagnosi, avviare percorsi clinici più efficaci – in molti casi anche salvavita – e allo stesso tempo ridurre i costi, perché la prevenzione costa meno della cura”.
Dal versante medico, Giandomenico Sebastiani, presidente della Società Italiana di Reumatologia, ha ricordato come la diagnosi precoce sia la chiave per ridurre i danni irreversibili provocati da queste malattie: “Fare una diagnosi precoce significa evitare l’accumulo di danno progressivo. Nel tempo che intercorre tra esordio e diagnosi, la malattia avanza e lascia danni irreversibili, che non si possono più recuperare”. Il ritardo diagnostico ha conseguenze non solo cliniche ma anche economiche e sociali: “Un danno irreversibile comporta costi sanitari più elevati, ma anche costi sociali, perché è direttamente collegato all’invalidità. E le malattie reumatiche sono tra quelle con il maggior impatto sociale nei Paesi occidentali”.
Nonostante le difficoltà, Sebastiani ha lanciato un messaggio di fiducia: “Oggi abbiamo farmaci efficaci: se la diagnosi è precoce possiamo bloccare la malattia e, in alcuni casi, persino farla regredire. Pazienti con artrite reumatoide, sclerosi sistemica, lupus o sindrome di Sjögren possono sviluppare complicanze fibrosanti polmonari. Uno screening efficace permette di identificarli, monitorarli e trattarli, aprendo a una prognosi migliore anche in malattie gravi come queste”.
La tappa romana della Campagna “AiR” è stata solo l’inizio di un percorso più ampio. Il progetto si estenderà anche a livello regionale partendo dalla Regione Lombardia con l’obiettivo di sensibilizzare cittadini e istituzioni e dare continuità con azioni concrete che rispondano ai bisogni dei pazienti.
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