Contributi e Opinioni 30 Settembre 2025 11:34

Dopo l’ipotesi dell’infermiere anche il farmacista prescrittore?

Il netto confine tra chi prescrive e chi dispensa ha rappresentato a lungo un cardine della sanità italiana. Negli ultimi anni, però, questo scenario è stato più volte messo in discussione
Dopo l’ipotesi dell’infermiere anche il farmacista prescrittore?

In Italia la prescrizione di un farmaco è una prerogativa esclusiva del medico. È il medico che formula la diagnosi e decide la terapia, mentre al farmacista spetta il compito di dispensare il medicinale, vigilare sulla correttezza del trattamento, monitorare le possibili interazioni e accompagnare il paziente nel percorso di cura. Questo confine tra chi prescrive e chi dispensa ha rappresentato a lungo un cardine del Servizio sanitario nazionale, una sorta di garanzia di equilibrio tra competenze e responsabilità.

Negli ultimi anni, però, questo scenario è stato messo in discussione. In diversi Paesi europei ed extraeuropei, il farmacista ha visto progressivamente ampliarsi le proprie competenze, fino a diventare, in certi contesti, anche prescrittore. L’idea di fondo è apparentemente semplice: consentire a professionisti con solide basi scientifiche e un rapporto diretto con i cittadini di alleggerire il carico della medicina di base, migliorando al tempo stesso l’accesso alle cure.

Italia tra riforme e attese

Nel nostro Paese non esiste ancora una legge che attribuisca ai farmacisti il potere di prescrivere. Il DM 77 del 2022 ha rafforzato il ruolo della farmacia nell’assistenza territoriale, rendendola un avamposto del Servizio sanitario nazionale ma non ha toccato la questione prescrittiva. Ora, però, il recente Testo Unico della Farmaceutica, approvato in Consiglio dei Ministri, potrebbe rappresentare la base di partenza per una riforma più ampia. Non è un caso che il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, abbia parlato di un futuro in cui il farmacista prescrittore potrà avere un ruolo chiave nell’integrazione tra farmacia e sanità pubblica.

Se mai venisse introdotto, il farmacista prescrittore in Italia non avrebbe poteri illimitati. Le ipotesi in discussione guardano soprattutto a contesti di bassa complessità e a funzioni di supporto alla continuità terapeutica. In particolare, si pensa a:

  • farmaci per patologie minori e autolimitanti, come infezioni leggere delle vie respiratorie, congiuntiviti, dermatiti o allergie stagionali;
  • rinnovo delle terapie croniche già diagnosticate dal medico, per pazienti stabilizzati che necessitano solo di continuità;
  • alcuni farmaci da banco o di fascia C, oggi soggetti a ricetta, che il farmacista potrebbe gestire sotto protocolli condivisi e con obbligo di tracciabilità digitale.

L’idea, quindi, non è quella di trasformare il farmacista in un “medico in farmacia”, ma di rendere più semplice la vita al paziente, soprattutto cronico, e più efficiente il sistema sanitario.

Il dibattito europeo di Assofarm a Napoli

Il tema è stato al centro del consesso europeo delle Farmacie Sociali (UEFS), ospitato da Assofarm a Napoli nei giorni scorsi. L’incontro ha messo a confronto esperienze estere già consolidate con le prospettive italiane. Proprio Gemmato, aprendo i lavori, ha ribadito che il nuovo Testo Unico della Farmaceutica è la cornice su cui costruire una riforma della farmacia territoriale che includa anche la prescrizione.

Il vicepresidente di Assofarm, Andrea Porcaro D’Ambrosio, ha ricordato i lavori dell’“Officina di Galeno” a Pisa, sottolineando come il tema sia maturo e supportato dai casi di successo di diversi Paesi del Nord Europa. Per Venanzio Gizzi, presidente UEFS, l’Italia sconta un certo ritardo, ma questo non significa arretratezza: ogni Paese ha punti di forza e debolezze e il valore della federazione sta proprio nello scambio di esperienze. A livello territoriale, Domenico Della Gatta ha rimarcato che la proposta non deve essere divisiva, ma rafforzare la collaborazione tra professionisti.

Il presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Napoli, Vincenzo Santagada, ha ricordato un articolo del 2010 in cui si parlava della “superfarmacia”, allora visionaria e oggi sempre più concreta. Ma per arrivare davvero al farmacista prescrittore servono formazione specialistica e un quadro normativo stabile.

A dare respiro internazionale, il farmacista scozzese Jonathan Burton ha raccontato come in Scozia la domanda di prescrizioni in farmacia sia in costante aumento, portando però con sé sfide tecniche e morali: il farmacista deve interrogarsi sul perché voglia assumersi una responsabilità così grande e su quale valore aggiunto porti alla società. A confermare la complessità della questione sono stati anche tre giovani farmacisti italiani che già lavorano come prescrittori all’estero: secondo loro, competenze tecnico-scientifiche elevate e un’infrastruttura tecnologica solida sono condizioni imprescindibili.

Le conclusioni sono state affidate al segretario generale di Assofarm, Francesco Schito, che ha ricordato un dato eloquente: oltre l’80% dei farmacisti italiani si dice favorevole all’introduzione di questa figura. Segno che, almeno all’interno della categoria, il terreno è pronto.

L’ipotesi degli infermieri prescrittori

Parallelamente al dibattito sul farmacista prescrittore, in Italia si è affacciata anche la possibilità di estendere alcune forme di prescrizione agli infermieri. In diversi convegni nazionali, tra cui il Congresso FNOPI di Rimini, è stata avanzata l’idea che l’infermiere possa prescrivere presidi e ausili sanitari in autonomia, sul modello già adottato in alcuni Paesi europei.

Questa proposta nasce dalla constatazione che l’infermiere, spesso in prima linea nell’assistenza al paziente cronico o fragile, si trova già a gestire quotidianamente strumenti come cateteri, medicazioni avanzate o dispositivi di supporto. Riconoscere formalmente la possibilità di prescriverli potrebbe snellire le procedure e migliorare l’efficienza del sistema.

La posizione della FNOMCeO e il documento con FISM

Di fronte a questa ipotesi la FNOMCeO, la Federazione degli Ordini dei Medici, ha espresso con chiarezza la propria contrarietà. Nell’ottobre 2024 il presidente Filippo Anelli ha parlato di “sconcerto e rammarico” per non essere stato consultato prima di annunciare aperture in questa direzione. La prescrizione, ha ricordato, implica una diagnosi, e la diagnosi è competenza esclusiva del medico.

La Federazione ha persino ventilato l’ipotesi di impugnare eventuali provvedimenti che introducano la prescrizione infermieristica senza un confronto ampio tra le professioni. Quanto al farmacista prescrittore, FNOMCeO non ha ancora preso una posizione ufficiale, ma il principio ribadito è lo stesso: ogni spostamento di competenze prescrittive deve avvenire in un quadro normativo chiaro, con regole che garantiscano la sicurezza dei pazienti e non creino sovrapposizioni.

Insieme alla FISM, FNOMCeO ha inoltre redatto un position paper con proposte di semplificazione per i farmaci sottoposti a piano terapeutico. L’idea è che, dopo un anno dalla prescrizione iniziale dello specialista, quei farmaci possano essere prescritti da qualsiasi medico del SSN, riducendo la burocrazia ma mantenendo la prescrizione nell’alveo strettamente medico.

Equità e accesso alle cure

La discussione non riguarda soltanto i confini professionali, ma anche l’uguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari. Antonio Gaudioso, docente alla Luiss, sempre a Napoli ha portato un esempio significativo: lo screening del colon retto raggiunge il 75% della popolazione in Friuli Venezia Giulia, ma appena il 10% in Calabria. Dove i farmacisti sono stati coinvolti, la copertura è aumentata sensibilmente. Ecco perché ripensare il ruolo della farmacia non significa solo ridefinire poteri e responsabilità, ma anche garantire pari diritti di cura a tutti i cittadini, indipendentemente dal territorio in cui vivono.

Anche dal punto di vista imprenditoriale il tema è centrale: secondo Massimo Mercati, presidente di Apoteca Natura e AFAM, rafforzare la dimensione consulenziale del farmacista non giova solo alla salute pubblica, ma rende più solide anche le farmacie come aziende.

Uno sguardo oltreconfine

Per capire meglio quale potrebbe essere la traiettoria italiana, basta guardare ai modelli esteri. Nel Regno Unito esistono farmacisti che prescrivono in autonomia dopo specifici master universitari, in Canada le competenze variano da provincia a provincia ma includono già la possibilità di gestire disturbi comuni, in Francia dal 2019 i farmacisti prescrivono vaccini e in alcune regioni farmaci per patologie minori, in Svizzera i cantoni hanno autorizzato la prescrizione per piccoli disturbi, mentre in Scozia il modello è tra i più avanzati: i farmacisti di comunità seguono pazienti cronici in stretta integrazione con il servizio sanitario.

Un dibattito (più o meno) aperto

Il futuro del farmacista prescrittore in Italia resta per il momento un cantiere aperto. Da un lato, l’esperienza internazionale dimostra che un modello regolato e ben formativo è possibile e per certi versi vantaggioso. Dall’altro, le comprensibili resistenze delle professioni mediche e le complessità normative e di responsabilità professionale rendono il percorso lungo e delicato.

Se il medico resta oggi il fulcro della prescrizione, altri professionisti, come farmacisti e infermieri, potrebbero essere chiamati domani a condividere alcune responsabilità, in un sistema che ha bisogno di più prossimità, più equità e più rapidità di risposta. La sfida, allora, sarà quella di costruire modelli di collaborazione che non dividano, ma rafforzino il sistema, mettendo sempre al centro la sicurezza, la qualità e il diritto alla cura del paziente.

 

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