Il tumore del seno è il più frequente in Italia in tutta la popolazione e, in 10 anni, ha fatto registrare un incremento dell’11% dei nuovi casi: erano 48.000 nel 2014, ne sono stati stimati 53.686 nel 2024. Dall’altro lato l’innovazione e i programmi di prevenzione hanno permesso di raggiungere risultati importanti, anche nella malattia metastatica, dove la sopravvivenza mediana è migliorata di circa il 30% rispetto a 10 anni fa. Nei carcinomi mammari che esprimono la proteina HER2 e in quelli con recettori ormonali positivi, la sopravvivenza mediana nella fase metastatica supera i 5 anni. Alle principali novità nella diagnosi, chirurgia, radioterapia e trattamenti sistemici del carcinoma mammario, è dedicata la 21a edizione del convegno “Advanced International Breast Cancer Course”, che si apre domani a Padova.
“Nella neoplasia in fase iniziale, il potenziamento dell’efficacia della terapia ormonale si sta confermando come la strada da seguire”, afferma Valentina Guarneri, direttore del convegno, Direttore della Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto – IRCCS di Padova e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Padova. “In particolare, lo scenario del trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, del tumore della mammella con recettori ormonali positivi nel setting precoce si è molto arricchito. Oggi – prosegue – è possibile andare oltre la terapia adiuvante standard costituita da chemioterapia e terapia ormonale, grazie all’arrivo di una nuova classe di farmaci, gli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti. Nelle pazienti a rischio intermedio-alto, in questo modo è possibile ridurre ulteriormente di circa il 25% il rischio di recidiva rispetto allo standard di cura”.
“È fondamentale porre attenzione anche al tema dell’aderenza, sappiamo infatti che molte donne interrompono prima del tempo la terapia ormonale”, dichiara Guarneri. “Dal primo al quinto anno dall’inizio della cura, la percentuale di adesione diminuisce del 25,5%, con conseguenze negative sulle probabilità di guarigione. La causa principale – continua – è rappresentata dagli effetti collaterali, che però devono essere sempre riferiti al clinico, per modificare eventualmente la terapia. E l’aggiunta degli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti alla terapia ormonale adiuvante aumenta la complessità del trattamento. Per questo è fondamentale migliorare il livello di consapevolezza delle pazienti sull’assunzione delle cure nelle dosi e nei tempi indicati dall’oncologo”.
“Stiamo andando verso la personalizzazione anche del trattamento neoadiuvante, che precede l’intervento chirurgico e che, nei tumori con recettori ormonali positivi, di solito è costituito dalla chemioterapia per le pazienti ad alto rischio”, sottolinea Guarneri. “Oggi abbiamo la possibilità di individuare i pazienti che non necessitano di chemioterapia attraverso la valutazione dei profili di espressione genica con i test genomici. Questi test – prosegue – sono utilizzati nelle pazienti già operate, ma studi clinici stanno valutando l’utilizzo di questi test anche per la scelta del trattamento nel contesto neoadiuvante. Questo può aprire prospettive importanti, anche considerato che oggi abbiamo la possibilità di potenziare il trattamento endocrino neoadiuvante con l’aggiunta degli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti o con nuovi farmaci antiormonali”.
Un’altra nuova frontiera è rappresentata dagli anticorpi farmaco-coniugati, che stanno entrando in tutte le fasi del trattamento del tumore della mammella. “Combinano un anticorpo monoclonale con un chemioterapico e sono altamente selettivi per le cellule tumorali, riducendo le tossicità sistemiche“, afferma Guarneri. “Oggi sono approvati nella malattia metastatica, ma la prospettiva di utilizzo anche nelle fasi iniziali è importante, grazie alla loro efficacia. Nella neoplasia metastatica sono stati compiuti importantissimi passi avanti. La chiave – continua – è la scelta delle cure in base alla caratterizzazione molecolare e alla corretta sequenza delle terapie. Oggi si possono utilizzare algoritmi di trattamento di prima, seconda, terza e quarta linea. I vantaggi per le pazienti sono evidenti. Infatti, la sopravvivenza mediana di una donna con malattia metastatica è migliorata del 30% rispetto a 10 anni fa”.
“Gli studi dimostrano che la sopravvivenza aumenta progressivamente in relazione alla disponibilità dei nuovi farmaci, a sottolineare l’importanza dell’innovazione“, evidenzia Guarneri. “Oggi, soprattutto nel tumore HER2 positivo e in quello con recettori ormonali positivi, è possibile raggiungere sopravvivenze mediane nella fase metastatica che superano i 5 anni. Sono più lenti i progressi nella forma triplo negativa, anche se si stanno evidenziando risultati significativi, grazie anche alla combinazione degli anticorpi farmaco-coniugati con l’immunoterapia in prima linea”, conclude.
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