Salute 26 Aprile 2024 12:34

Malattia renale cronica, +15% di casi nel mondo. Allo studio una forma “sconosciuta”, forse dovuta a cause ambientali

Stefano Bianchi, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (Sin), rivela le conclusioni degli esperti che si sono riuniti, nei giorni scorsi, in occasione del Congresso Mondiale di Nefrologia, a Buenos Aires
Malattia renale cronica, +15% di casi nel mondo. Allo studio una forma “sconosciuta”, forse dovuta a cause ambientali

“In pochi anni un miliardo di persone nel mondo soffrirà di malattia renale cronica (Mrc), con un incremento del 10-15%”. A rivelare le conclusioni degli esperti che si sono riuniti, nei giorni scorsi, in occasione del Congresso Mondiale di Nefrologia, a Buenos Aires, è Stefano Bianchi, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (Sin). “Oggi la malattia renale cronica – continua Bianchi – è considerata la dodicesima causa di morte, e in previsione sarà la 4°-5° nel 2040. Già ora, un paziente con malattia renale cronica, in qualunque stadio, ha una maggiore probabilità di morire per una malattia cardiovascolare piuttosto che raggiungere la terapia sostitutiva (Dialisi e Trapianto renale)”. Secondo il Presidente Sin, la malattia renale è sempre più raramente una malattia ‘solo renale’ e sempre più spesso una condizione che si associa ad altre patologie, in particolare il diabete e le malattie cardiovascolari ma anche patologie tumorali, reumatologiche ed infettive. “Da questo deriva – precisa – la necessità di un approccio diagnostico-terapeutico in grado di portare benefici alla malattia renale e anche alle condizioni ad essa associate”.

Una forma di malattia renale cronica da causa sconosciuta

Grande attenzione a Buenos Aires è stata dedicata a questo aspetto, “considerando che le ultime opportunità terapeutiche per rallentare la progressione del danno renale (in particolare gli SGLT2 inibitori, per la perdita di peso e gli antialdosteronici) hanno dimostrato di portare significativi benefici, oltre che nella malattia renale, anche su numerose patologie cardiovascolari ad essa associate, in particolare lo scompenso cardiaco”.  Al Congresso è stato posto l’accento anche su una malattia renale cronica da causa sconosciuta (CKDu), che si pensa dovuta a cause ambientali (inquinamento da pesticidi, erbicidi ed altre sostanze utilizzate soprattutto in agricoltura). “E’ una forma di malattia renale cronica –  spiega Bianchi – rapidamente evolutiva verso la insufficienza renale, che si osserva  in paesi a basso reddito e a vocazione agricola (America Centrale, India, Sri Lanka e si prevede che emergerà anche in Africa), colpisce una fascia di età compresa fra 30 e 50 anni, e costituisce una sfida sia per quanto riguarda le sue cause che per i rimedi da mettere in atto. Soprattutto – sottoliena – per l’impatto che può avere sui sistemi sanitari di paesi a basso reddito che non riescono a garantire una efficiente organizzazione per i programmai di dialisi e trapianto”.

L’impronta ecologica della dialisi

Gli esperti di tutto il mondo hanno messo in evidenza anche l’impatto ambientale dei trattamenti della malattia renale cronica, in primis della dialisi.  Questa terapia, utilizzata da sette milioni di pazienti italiani con la Malattia Renale Cronica severa, comporta un consumo d’acqua pari a 1,75 milioni di metri cubi e un consumo di energia pari a 83,7 milioni di Kwh. “Costi enormi – spiega Bianchi – difficilmente sostenibili anche nei Paesi più ricchi”. Ed è stata avvertita a livello mondiale, quindi, la necessità di sviluppare il più possibile i programmi di dialisi peritoneale, meno costosa della emodialisi, oltre alla terapia nutrizionale della malattia renale cronica, e anche programmi dedicati alla diagnosi precoce e alla terapia tempestiva. I costi per la terapia dialitica-trapianto (e delle complicanze della malattia renale cronica), sottolinea ancora Bianchi, “in Italia vanno oltre il 2,5% dell’intero finanziamento destinato alla Sanità. Anche perché è una malattia molto diffusa: con stime che a livello mondiale arrivano a oltre un miliardo di persone (10-15 per cento della popolazione). E i costi vengono ingigantiti dal fatto che si tratta di una malattia nemica dell’ambiente. Oltre agli enormi consumi d’acqua e di energia – precisa il nefrologo – i trattamenti dialitici fatti ogni anno in Italia comportano 5.600 tonnellate di rifiuti sanitari solidi pericolosi, 2.100 tonnellate di rifiuti sanitari non pericolosi (plastica) e una produzione di rifiuti liquidi da trattare prima dell’immissione nel sistema fognario di 1.263 milioni di litri”. La Sin si impegna quindi a favorire in Italia anche l’adozione di attrezzature complesse per il risparmio di acqua, fermandone l’erogazione nel momento preciso in cui il trattamento della dialisi si ferma, oltre ad attrezzature per il risparmio di energia e per il contenimento dell’uso di materiale plastico. “Si va decisamente – conclude Bianchi – verso quella che è già stata definita come Green Nephrology o Eco-Dialysis”.

 

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