Contributi e Opinioni 22 Giugno 2023 09:00

“Social Fame”, il libro che esplora i legami tra modelli devianti e adolescenza fragile

Le autrici: «La Generazione Z ha il controllo tecnologico dei mezzi digitali, ma non quello emotivo. E senza una regolamentazione sarà il Far West»
“Social Fame”, il libro che esplora i legami tra modelli devianti e adolescenza fragile

I disturbi del comportamento alimentare nei giovanissimi sono in continuo aumento in Italia. Attualmente, circa 3 milioni di persone nel nostro Paese combattono contro l’anoressia e la bulimia. E quando la vulnerabilità adolescenziale si scontra con la diffusione, a mezzo social, di modelli estetici ed alimentari sbagliati, ma considerati vincenti e di successo sulla base dei follower e delle visualizzazioni ottenute, l’effetto “macchia d’olio” è inevitabile. Il tema è affrontato dalle autrici Laura Dalla Ragione e Raffaela Lanzetta nel libro “Social Fame” (2023, ed. Il Pensiero Scientifico) che, oltre a fornire una disamina dettagliata del nesso tra social media e DCA, propone una riflessione sulla necessità di ripensare la gestione e la fruizione dei contenuti social, educando gli adolescenti ad una alfabetizzazione emotiva del digitale. Sanità Informazione ha intervistato l’autrice Laura Dalla Ragione.

La genesi di Social Fame

«L’impulso che ha portato alla stesura del libro – spiega l’autrice – è stato, sostanzialmente, il renderci conto che un tratto comune in molti adolescenti alle prese con un disturbo del comportamento alimentare era l’interazione, per molte ore al giorno, con profili Instagram e Tik Tok che propongono determinati modelli corporei e modelli alimentari da seguire. Partendo da questa “anamnesi digitale” abbiamo deciso di approfondire l’argomento, dal momento che, soprattutto durante la fase pandemica, i social media hanno avuto un ruolo determinante nella diffusione dei DCA e dei relativi comportamenti a rischio, pur non essendone la causa diretta».

Food influencer e fit influencer: il rischio dei modelli devianti

«I social hanno la capacità di amplificare certi messaggi – prosegue Dalla Ragione – rispetto ai canali di comunicazione tradizionali come la televisione o i giornali. Alcuni contenuti diventano virali ma, soprattutto sono interattivi: i profili dei/delle food influencer fit influencer permettono, ed anzi favoriscono, l’interazione col pubblico, che può commentare, fare domande, e così via. Sono pagine che, ribadiamo, spesso propongono modelli corporei di magrezza assoluta irrealizzabile, spesso anche alterati con photoshop, e/o scelte alimentari estreme, ad esempio arrivando addirittura a suggerire le strategie per non superare le 400 kcal al giorno.  La marea di informazioni a cui tutti sono esposti, soprattutto i giovanissimi, diventa un fattore di rischio».

Nativi digitali e padronanza del mezzo

«Durante la pandemia i social sono stati enormemente utilizzati dai giovanissimi – osserva l’autrice – nella maggior parte dei casi con finalità virtuose di studio e comunicazione, ma il rovescio della medaglia è stato un aumento dei rischi nel veicolare e diffondere informazioni sbagliate. Nel nostro libro non intendiamo, infatti, stigmatizzare i social media, che sono ormai calati nella nostra realtà quotidiana, ma riflettere sulla necessità di regolamentarne l’utilizzo affinchè questo avvenga con prudenza e consapevolezza. Perché la Generazione Z, i cosiddetti nativi digitali, sono sì in grado di padroneggiare il mezzo dal punto di vista tecnologico, non dal punto di vista emotivo».

Il fattore economico: nelle professioni social è il Far West

«La faccenda dei contenuti pubblicati online va regolamentata anche dal punto di vista economico – sottolinea Dalla Ragione – perché per questi influencer si tratta di un vero e proprio lavoro. Questo aspetto è saltato tragicamente alla ribalta in questi giorni per l’episodio che ha visto coinvolti i quattro youtuber che, per girare il video dell’ennesima challenge, hanno causato la morte di un bambino di cinque anni. Ma al di là del dramma umano che si è consumato, dobbiamo riflettere sul fatto che da questa tipologia di video gli youtuber guadagnano anche centinaia di migliaia di euro. Allo stato attuale, senza una regolamentazione in tal senso, è un vero e proprio Far West. Pensiamo solo al fatto che alcune piattaforme sono sì proibite ai minori di 14 anni, ma il divieto è aggirabile semplicemente dichiarando di avere più di 14 anni ed ecco che si può accedere ai contenuti».

Alfabetizzazione digitale nelle scuole

«Attualmente in Italia 3 milioni di persone soffrono di DCA – sottolinea l’autrice – è una vera e propria emergenza ed è assolutamente necessario rafforzare la prevenzione dei fattori di rischio. Il contesto scolastico è uno dei principali su cui intervenire in ambito di prevenzione. Nel nostro libro, infatti, poniamo l’accento sull’opportunità di inserire come materia scolastica l’alfabetizzazione digitale emotiva – conclude – che insegni l’utilizzo corretto e le potenzialità del digitale».

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