Salute 8 Giugno 2023 14:45

Infanticidio: e se fosse tutta colpa di un “interruttore” nel cervello?

Scoperto nei topi l’interruttore dell’infanticidio. L’ipotesi degli scienziati: «Potrebbe agire anche negli umani»

Infanticidio: e se fosse tutta colpa di un “interruttore” nel cervello?

L’ultima condanna un mese fa: una donna, nota alle cronache come  la giovane mamma di Martano, dovrà scontare 4 anni e 4 mesi di reclusione  per aver tentato di uccidere il proprio figlio appena nato con delle forbici. Ora, i ricercatori potrebbero aver trovato una motivazione scientifica ad gesto tanto atroce. L’ipotesi avanzata dagli scienziati è che nel cervello delle donne-madri ci sia una sorta di interruttore che, se attivato, spingerebbe all’infanticidio. Per ora, però, questo interruttore letale sarebbe stato individuato solo nelle femmine di topo. Ma gli autori della scoperta sono convinti che possa svolgere un ruolo simile anche negli esseri umani, aprendo così la strada alla prevenzione degli infanticidi.

Lo studio

I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature dalla NYU Grossman School of Medicine negli Stati Uniti. L’interruttore cerebrale che scatena l’infanticidio si trova in una regione del mesencefalo legata a controllo delle emozioni e nota come “nucleo principale del nucleo del letto della stria terminalis” (BNSTpr). L’inibizione di questa regione nelle femmine di topo permette di prevenire quasi il 100% degli infanticidi. Al contrario, la sua attivazione induce le femmine ad attaccare i cuccioli propri e altrui nel giro di appena un secondo. Raramente si sono registrati attacchi rivolti ad altri esemplari adulti e questo lascia pensare che la struttura controlli in maniera specifica l’aggressività verso i piccoli.

I risultati

Lo studio dimostra che la regione BNSTpr svolge un’azione opposta rispetto a un’altra regione del cervello (denominata area preottica mediale, MPOA), che invece promuove un comportamento di accudimento nei confronti della prole. Nelle femmine di topo che non hanno ancora partorito risulta più attiva la regione BNSTpr, che inibisce la MPOA: ciò  le induce spesso a uccidere i cuccioli delle altre femmine, probabilmente per assicurare più risorse alla propria futura cucciolata. Dopo il parto la situazione si ribalta: l’attività di MPOA aumenta frenando l’aggressività verso i cuccioli e dunque evitandone l’uccisione.

Il parere degli scienziati

«Poiché  queste due regioni comunicanti nel mezzo del cervello possono essere trovate sia nei roditori che negli esseri umani –  afferma la neuroscienziata Dayu Lin che ha coordinato lo studio – i nostri risultati suggeriscono un possibile target per comprendere, e forse anche curare, le madri che abusano dei loro figli. Forse queste cellule normalmente rimangono dormienti, ma lo stress, la depressione postpartum e altri fattori scatenanti noti per gli abusi sui minori – conclude – possono spingerle a diventare più attive».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

 

GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Salute

Parkinson, la neurologa Brotini: “Grazie alla ricerca, siamo di fronte a una nuova alba”

“Molte molecole sono in fase di studio e vorrei che tutti i pazienti e i loro caregiver guardassero la malattia di Parkinson come fossero di fronte all’alba e non di fronte ad un tramonto&...
di V.A.
Politica

Il Nobel Giorgio Parisi guida l’appello di 14 scienziati: “Salviamo la Sanità pubblica”

Secondo i firmatari "la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'autonomia differenziata rischia di ampliare ...
Advocacy e Associazioni

XVIII Giornata europea dei diritti del malato. Contro la desertificazione sanitaria serve un’alleanza tra professionisti, cittadini e istituzioni

La carenza di servizi sul territorio, la penuria di alcune specifiche figure professionali , la distanza dai luoghi di salute in particolare nelle aree interne del Paese, periferiche e ultraperiferich...