L’incremento dei casi di tumore tra gli under-50 potrebbe essere soltanto apparente. A sostenerlo è uno studio della Harvard Medical School di Boston, pubblicato su Jama Internal Medicine, che parla di ‘eccesso diagnostico’: non un reale aumento di malattia clinicamente rilevante, ma piuttosto una crescita di tumori individuati che non sarebbero progrediti senza trattamento.
Gli autori hanno preso in esame i dati di mortalità per quegli otto tumori che, negli ultimi trent’anni, hanno registrato un forte aumento di incidenza: tiroide, ano, rene, intestino tenue, colon-retto, endometrio, pancreas e mieloma. Se da un lato i nuovi casi risultano in aumento, dall’altro la mortalità è rimasta nel complesso stabile, con un lieve incremento soltanto per il colon-retto e l’endometrio.
Secondo i ricercatori, la stabilità della mortalità, a fronte dell’aumento delle diagnosi, suggerisce che il trend sia dovuto soprattutto a controlli più diffusi e a tecniche diagnostiche sempre più sensibili. Già documentato per alcuni tumori, come tiroide e rene, il fenomeno dell’eccesso diagnostico potrebbe spiegare anche altri aumenti. A contribuire ci sono le diagnosi accidentali (esami effettuati per altri motivi), l’abbassamento delle soglie diagnostiche e l’uso crescente di imaging ed endoscopie.
Negli ultimi anni i tumori giovanili hanno attirato l’attenzione di media e comunità scientifica, anche a seguito delle diagnosi in personaggi famosi come la principessa del Galles e l’attore Chadwick Boseman. Tuttavia, spiegano gli autori, gran parte dell’aumento riflette un cambiamento nei metodi di rilevazione più che una reale “epidemia” di tumori tra i giovani. Solo una quota limitata, relativa a poche sedi tumorali, appare clinicamente significativa.
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