Un innovativo dispositivo sperimentale per il trattamento del tumore alla vescica ha ottenuto risultati senza precedenti. Lo dimostra lo studio multicentrico internazionale SunRISe-1, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, che vede protagonista l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE). La ricerca ha valutato l’efficacia di TAR-200, un sistema che funziona come un “cerotto medicato interno”, posizionato nella vescica, rilascia lentamente e in modo continuo il farmaco chemioterapico gemcitabina direttamente sulla zona colpita da tumore.
I risultati dello studio parlano da soli: il nuovo dispositivo TAR-200 ha ottenuto un tasso di risposta completa mai visto prima, pari all’82% nei pazienti con carcinoma uroteliale ad alto rischio, non muscolo invasivo, non più responsivi all’immunoterapico BCG. Le risposte sono state rapide e durature e il trattamento è risultato ben tollerato. Un dato particolarmente importante è che la maggior parte dei pazienti ha potuto evitare o rimandare la cistectomia, l’intervento chirurgico più invasivo che comporta la rimozione della vescica. Lo studio, coordinato dall’University of Southern California, ha coinvolto 142 centri in 14 Paesi. L’IRE è stato il centro che ha arruolato più pazienti a livello mondiale.
L’eccellenza del lavoro è stata riconosciuta anche da un’ispezione della Food and Drug Administration statunitense, superata con successo. Il tumore della vescica è il secondo più comune in urologia dopo quello della prostata. In Italia si registrano ogni anno circa 29.700 nuovi casi. Colpisce soprattutto tra i 60 e i 70 anni ed è quasi quattro volte più frequente negli uomini rispetto alle donne. Il tumore della vescica non muscolo invasivo ad alto rischio può recidivare nonostante le cure standard con asportazione e l’utilizzo dell’immunoterapico BCG. In questi casi l’opzione standard è la cistectomia radicale, un intervento invasivo e non scevro da rischi e complicanze. Lo studio SunRISe-1 mostra che il nuovo dispositivo TAR-200 può offrire un’alternativa efficace, permettendo nella maggior parte dei casi di evitare la rimozione della vescica.
Per capire la novità del dispositivo, basta pensare alle terapie tradizionali: il farmaco viene introdotto e resta nella vescica solo per breve tempo, come svuotare un secchio d’acqua tutto in una volta. TAR-200, invece, lavora come un “innaffiatoio a goccia”, distribuisce la gemcitabina in modo costante e mirato, mantenendo la terapia attiva per settimane. “Questi risultati rappresentano un passo avanti decisivo verso terapie innovative, meno invasive e più tollerabili per i nostri pazienti”, sottolinea Giuseppe Simone, direttore della UOC di Urologia IRE. “L’esperienza maturata all’interno dello studio SunRISe-1 conferma la posizione di leadership dell’Istituto nell’ambito dell’urologia oncologica”, aggiunge.
Alla soddisfazione per i risultati dello studio si aggiunge una seconda buona notizia: l’avvio del Programma di Uro-Oncologia, diretto da Giuseppe Simone e sostenuto dalla Direzione Scientifica IRE attraverso i fondi del 5×1000. L’iniziativa dimostra la scelta dell’Istituto di reinvestire le donazioni dei cittadini in progetti di ricerca clinica innovativi e ad alto impatto. “La ricerca è la forma più concreta di restituzione alla comunità”, commenta Giovanni Blandino, direttore scientifico ff dell’IRE. “L’istituzione del Programma di Uro-Oncologia, finanziato dal 5×1000, dimostra come la fiducia dei cittadini si traduca in nuove opportunità di cura”, conclude.
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