Salute 5 Aprile 2024 09:56

Tumore della prostata, entro il 2040 i casi raddoppieranno

Di pari passo, cresceranno dell'85% anche i decessi. I dati sono emersi da un rapporto pubblicato su The Lancet che sottolinea la necessità "di mettere a punto strategie per gestire questo fenomeno" e fornisce raccomandazioni per mitigare l'impatto della neoplasia
Tumore della prostata, entro il 2040 i casi raddoppieranno

Entro il 2040 i casi annui di tumore alla prostata nel mondo raddoppieranno, passando dagli attuali 1,4 milioni a 2,9 milioni. Di pari passo, cresceranno dell’85% anche i decessi, che dai 375mila di oggi raggiungeranno i 400mila. I dati emergono da un rapporto pubblicato su The Lancet, che sottolinea la necessità “di mettere a punto strategie per gestire questo fenomeno” e fornisce raccomandazioni per mitigare l’impatto della neoplasia. Gli studiosi hanno ottenuto le proiezioni dei casi di cancro alla prostata nel 2040 sulla base dei dati relativi ai cambiamenti demografici in tutto il mondo e all’aumento dell’aspettativa di vita. Per gli autori del report, tutti membri della ‘Lancet Commission on prostate cancer‘, “questo aumento dei casi non può essere prevenuto solo con cambiamenti nello stile di vita o con interventi di sanità pubblica. Per questo – aggiungono – i governi devono preparare strategie ad hoc”. Le previsioni dell’incidenza del cancro alla prostata e della mortalità correlata sono state calcolate ipotizzando che nei prossimi 10-15 anni non vi siano cambiamenti nelle modalità di trattamento ora utilizzate.

L’incidenza del tumore della prostata a livello globale

Attualmente, il tumore della prostata è il più comune negli uomini in 112 Paesi del mondo e rappresenta il 15% delle diagnosi di cancro. “Il peso delle malattie a livello globale è già notevole – spiega la ‘Lancet Commission on prostate cancer’ -, ma è destinato a crescere ulteriormente. L’aumento dell’aspettativa di vita nei Paesi a basso e medio reddito determinerà grandi aumenti del cancro alla prostata, e si prevede che i casi cresceranno anche nei Paesi ad alto reddito”, aggiungono gli esperti. La Commissione ha istituito quattro gruppi di lavoro, ciascuno dei quali ha esaminato un aspetto diverso del cancro alla prostata: epidemiologia e tendenze future previste nei casi, percorso diagnostico, trattamento e gestione della malattia avanzata. La presa in carico dei pazienti gravemente malati è il problema principale per la maggior parte degli uomini, in tutto il mondo, con diagnosi di cancro alla prostata.

Fattori di rischio e diagnosi tardive

A preoccupare è soprattutto la diagnosi tardiva, che “è diffusa in tutto il mondo, ma soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito è la norma”, dicono i membri della Commissione. Gli strumenti per la diagnosi precoce non mancano, tuttavia sono poco diffusi nei Paesi a basso reddito, mentre in quelli ricchi rischiano di essere usati in maniera inappropriata: “lo screening del cancro alla prostata con il test del Psa (antigene prostatico specifico, indicatore di possibili malattie della prostata, ndr) può portare a un numero eccessivo di test e a trattamenti non necessari negli uomini anziani e a test insufficienti sugli uomini più giovani, ma ad alto rischio”, spiega il rapporto. Sono stati identificati anche alcuni fattori di rischio sottostanti. “L’incidenza, ad esempio – spiegano gli autori -, è particolarmente elevata tra gli uomini neri negli Stati Uniti e nei Caraibi. Il che suggerisce un potenziale legame tra origini dell’Africa occidentale e un aumento del rischio di cancro alla prostata. I fattori di rischio accertati includono: l’età avanzata, la storia familiare, alcune mutazioni genetiche ( come in BRCA1 e BRCA2) e disturbi ereditari come la sindrome di Lynch. Sono stati identificati pochi fattori legati allo stile di vita e all’ambiente, sebbene il fumo, l’eccesso di peso corporeo e i fattori nutrizionali potrebbero potenzialmente essere collegati a un aumento del rischio di cancro alla prostata”.

Le conclusioni degli scienziati

I ricercatori sono conviti che per cambiare rotta sia necessario innanzitutto modificare le modalità con cui vengono attualmente compiuti gli screening. Suggeriscono di effettuare “test mirati del PSA focalizzati su uomini più giovani, ovvero di età compresa tra 45 e 69 anni nelle popolazioni nere e 50-69 anni in altre popolazioni, collegati a programmi di informazione e sensibilizzazione”. In tal modo, si potrebbe ridurre la sovradiagnosi negli uomini più anziani e aumentare la diagnosi nei più giovani ad alto rischio.  “Sappiamo che questo aumento dei casi è in arrivo, quindi dobbiamo iniziare a pianificare e agire ora – conclude il primo firmatario del rapporto Nicholas  James -. Interventi basati sulle evidenze scientifiche, come una migliore diagnosi precoce e programmi educativi, contribuiranno a salvare vite umane e a prevenire malattie dovute al cancro alla prostata negli anni a venire”.

 

 

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