Salute 9 Febbraio 2024 16:58

La realtà virtuale favorisce il rilassamento degli anziani con demenza

La realtà virtuale può essere di grande aiuto per gli anziani con la demenza. Lo ha dimostrato uno studio della Fondazione Bruno Kessler di Trento, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports
La realtà virtuale favorisce il rilassamento degli anziani con demenza

La realtà virtuale può essere di grande aiuto per gli anziani con la demenza. Infatti, l’immersione in un ambiente “naturale” e distensivo grazie ad un visore 3D, ha un impatto sulla promozione dello stato di rilassamento e di emozioni positive negli anziani con deterioramento cognitivo. Questo è quanto emerge da uno studio condotto da Susanna Pardini, dottoranda dell’unità di ricerca digital Health Research del Centro per la salute digitale e il benessere della Fondazione Bruno Kessler di Trento. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.

Il visore 3D non ha causato eventi avversi

Lo studio è stato effettuato coinvolgendo 23 anziani ospiti della residenza Margherita Grazioli di Povo di Trento. “Avevamo indagato se far provare la realtà virtuale agli anziani con deterioramento cognitivo poteva causare effetti avversi associati all’utilizzo del visore 3D – spiega Pardini – e se questa procedura sperimentale poteva meritare successive indagini più rigorose, in termini di valutazione dell’efficacia clinica e statistica. Il nostro studio ha dato risultati soddisfacenti e confermato quanto messo in rilievo da ricerche precedenti. Quindi, sulla base della letteratura e dei dati positivi emersi, abbiamo strutturato un nuovo protocollo di indagine, che dovrà essere a breve valutato dal Comitato etico dell’Azienda sanitaria provinciale”.

Allo studio gli effetti della realtà virtuale sulla gestione dei comportamenti reattivi

“Questa volta cercheremo di indagare il ruolo dell’utilizzo degli ambienti virtuali – spiega Pardini – in comportamenti tipici delle persone con demenza, sulla gestione dei comportamenti reattivi, come il vagabondaggio, i comportamenti ‘aggressivi’ o altri comportamenti di attivazione che possono manifestarsi verbalmente o con azioni fisiche in talune circostanze durante attività non gradite alla persona, per esempio quando mangiano”. Per Oscar Mayora, responsabile dell’Unità di ricerca digital Health Research della Fondazione Kessler, “questo tipo di studi potrebbero in futuro diventare una terapia digitale. In Fondazione stiamo esplorando la potenzialità della realtà virtuale in sanità, anche in altri contesti, come le cure palliativa, la terapia del dolore e le terapie per l’autismo, dove abbiamo già avviato alcuni progetti specifici”.

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Airc, 60 anni di attività: tornano i ‘Giorni della ricerca’ e i Cioccolatini della solidarietà

Dalle piazze italiane ai media, fino al Quirinale, un calendario ricco di eventi per informare, sensibilizzare e raccogliere fondi a favore di oltre 5.400 ricercatori
di Redazione
Sanità

Legge Caregiver, Locatelli: “Chi ama e cura non vuole essere sostituito, ma accompagnato”

Dopo oltre 15 anni di attesa, arriva il disegno di legge che riconosce tutele, diritti e dignità a chi si prende cura ogni giorno di una persona non autosufficiente. La ministra Locatelli a San...
di Isabella Faggiano
Sanità

GIMBE: Nonostante gli aumenti, il Fondo sanitario scende al 5,9% del PIL

Aggiunti alla sanità € 2,4 miliardi nel 2026 e € 2,65 miliardi nel 2027 e nel 2028. Nel 2028 il fondo sanitario arriverà a € 145 miliardi e secondo l'analisi indipendente ...
di Redazione
Salute

L’uso prolungato di melatonina può far male al cuore

L'uso prolungato di integratori a base di melatonina  potrebbe comportare un rischio più elevato di diagnosi di insufficienza cardiaca, ricovero ospedaliero connesso e morte per qualsiasi ...
di Valentina Arcovio
Salute

Capelli bianchi: non solo un segno del tempo, ma un meccanismo di difesa contro il cancro

Secondo uno studio dell’Università di Tokyo i capelli bianchi rappresentano una risposta difensiva delle cellule staminali dei melanociti del bulbo pilifero a gravi danni al DNA
di Isabella Faggiano