Più ore di sonno e meno tempo davanti agli schermi. È questa la ricetta che preserva il corretto sviluppo del cervello e, con esso, la salute mentale dei giovani, scongiurando il rischio di depressione. A suggerirla è un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh, autori di studio appena pubblicato su JAMA Pediatrics. La ricerca ha indagato i possibili legami tra uso eccessivo di dispositivi digitali, ridotto riposo notturno e comparsa di sintomi depressivi nella fascia d’età tra l’infanzia e l’adolescenza. L’indagine ha coinvolto oltre mille ragazzi, ai quali è stato chiesto di stimare quante ore al giorno trascorressero davanti a uno schermo – fosse uno smartphone, un tablet o un computer – e quanto dormissero, in media, ogni notte. Ma il punto di forza dello studio è stato l’approccio integrato, che ha incluso anche scansioni cerebrali per osservare direttamente cosa stesse accadendo nel cervello di questi giovani.
I risultati hanno mostrato che, nei ragazzi che dormivano poco e passavano molto tempo con i dispositivi digitali, le connessioni della materia bianca, ovvero le fibre nervose che mettono in comunicazione le diverse aree cerebrali, apparivano più deboli e disorganizzate. Una sorta di infrastruttura fragile e confusa, dove le “autostrade” della comunicazione tra memoria, attenzione ed emozioni si trasformano in sentieri tortuosi e poco efficienti. Proprio in questi adolescenti si sono registrati punteggi più elevati nei test che valutano i sintomi depressivi. La combinazione tra sonno insufficiente e sovraesposizione agli schermi sembra dunque avere un impatto tangibile sullo sviluppo cerebrale, in un momento particolarmente delicato della crescita. A spiegare meglio il senso del lavoro è João Paulo Lima Santos, uno degli autori dello studio, che sottolinea come l’utilizzo degli schermi debba essere analizzato in tutte le sue sfumature. “Non conta solo quanto tempo si passa online, ma anche a che ora e con quali contenuti – afferma -. Le interazioni digitali, soprattutto quelle che avvengono nelle ore serali, sembrano avere un’influenza ancora più marcata sul sonno e, di conseguenza, sulla struttura del cervello”.
“Il sonno è un comportamento modificabile e una componente chiave dell’effetto del tempo trascorso davanti allo schermo sul cervello e sulla depressione”, aggiunge João Paulo Lima Santos. I ricercatori suggeriscono che, sebbene il tempo trascorso davanti allo schermo possa danneggiare il sonno e la struttura cerebrale, un sonno adeguato e comportamenti più equilibrati possano rappresentare una risposta fondamentale per mitigare questo impatto. Le analisi hanno incluso 976 partecipanti tra i 9 e i 13 anni e hanno dimostrato che ogni ora aggiuntiva di tempo giornaliero davanti allo schermo era associata a un aumento dei punteggi depressivi misurati con la Child Behavior Checklist. I risultati di questo studio suggeriscono che la durata del sonno e la qualità della materia bianca siano fattori mediatori chiave nel legame tra tempo davanti allo schermo e sintomi depressivi. Inoltre, i ricercatori affermano che il sonno, essendo modificabile, rappresenta un’opportunità per gli operatori sanitari di intervenire in modo preventivo, incoraggiando stili di vita più sani che equilibrino l’uso dello schermo con un sonno regolare e riposante.
I ricercatori sospettano che la fascia oraria più critica sia proprio quella che precede il sonno, quando il cervello avrebbe bisogno di prepararsi al riposo ma viene invece sollecitato da stimoli continui e, talvolta, ansiogeni. Per confermare questa ipotesi, il gruppo di ricerca spera di poter raccogliere in futuro dati più precisi direttamente dai telefoni degli adolescenti, così da valutare l’effetto di fasce orarie e tipologie di contenuti. Nessuna crociata contro la tecnologia, però. “Eliminare completamente i media digitali non è la soluzione – conclude Santos -. Ma dobbiamo essere più attenti, soprattutto quando l’uso dello smartphone interferisce con il sonno”.
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