Sanità 10 Luglio 2025 09:56

Pronto soccorso senza medici, Simeu: “Ne mancano almeno 3.500”

Secondo i dati della Simeu, solo il 62% del fabbisogno è coperto da specialisti del SSN. Il resto è affidato a cooperative, liberi professionisti e specializzandi
Pronto soccorso senza medici, Simeu: “Ne mancano almeno 3.500”

“Pronto soccorso senza medici”. È l’allarme lanciato dalla Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza (Simeu), che in un’indagine condotta su 153 strutture sparse in tutta Italia, corrispondenti a oltre sette milioni di accessi nel 2024, il 37% del totale nazionale, descrive una realtà fatta di carenze gravi e squilibri strutturali. “Rispetto al totale dei dirigenti medici necessari al corretto funzionamento dei reparti, solo il 62% è coperto con dirigenti dipendenti del SSN. Il restante 38% è coperto da altre figure professionali” spiega la Simeu. Figure come “cooperative di gettonisti, libero-professionisti e specializzandi”, oppure – in molti casi – “nessuno”. Proiettando i numeri a livello nazionale, si stima che “a fronte di circa 9mila medici necessari solo 5.500 siano presenti: mancano non meno di 3.500 dirigenti medici”.

La rete dell’urgenza deve funzionare anche in periferia

Secondo la Simeu, la carenza di medici si attesta al 25% nei DEA di II livello, al 43% nei DEA di I livello e addirittura al 55% nei pronto soccorso. E la situazione peggiora fuori dai grandi centri. “Le carenze si rivelano pari al 36% nelle regioni settentrionali e non inferiori al 42% nel resto d’Italia, con punte decisamente più alte”, si legge nell’indagine. “In termini assoluti le carenze maggiori si registrano nei DEA di II livello, che hanno necessità di organici ben più numerosi –  sottolinea Mirko Di Capua, segretario nazionale della Simeu -. Ma il dato percentuale, enorme, delle carenze nelle strutture più periferiche rivela una condizione allarmante: la rete dell’emergenza-urgenza dovrebbe necessariamente essere capillare e molto efficiente anche in periferia, dove invece le difficoltà in termini di governo delle strutture ed erogazione del servizio si stanno rivelando tremende”.
“Ancora una volta si pone un tema cruciale di equità del servizio, che coinvolge pesantemente le regioni meridionali e le aree interne” aggiunge Giovanni Noto, dell’Ufficio di presidenza nazionale della società scientifica.

Il 12% della forza lavoro è costituito da specializzandi

L’indagine mette in evidenza un altro aspetto critico: la presenza sempre più massiccia di specializzandi in corsia. “Nel campione esaminato, circa il 20% dei dirigenti medici attualmente in servizio è rappresentato da specialisti in Medicina d’emergenza-urgenza (Meu)”, ma il dato – avverte la Simeu – “è verosimilmente sovrastimato a causa delle già descritte limitazioni”. Il 9,5% dei dirigenti dipendenti del SSN è costituito da specializzandi Meu assunti con il decreto Calabria, mentre un altro 2% è stato assunto tramite l’articolo 2-ter. “Il fatto che circa il 12% della forza lavoro nei pronto soccorso sia oggi costituito da specializzandi con contratto di dipendenza a tempo pieno dal SSN non può più essere ignorato – afferma Alessandra Iorfida, coordinatrice dell’Area specializzandi della Simeu -. È il segnale evidente che l’attuale modello di formazione post-laurea è superato. Serve una riforma strutturale”.

Il 17% delle necessità resta scoperto

Il 57% delle carenze viene coperto “attraverso soluzioni contrattuali di vario tipo”, ma resta un preoccupante 43% senza soluzioni stabili. “Tale quota, pari al 17% dei bisogni di organico totali, è coperta con turni straordinari dei dirigenti medici non inclusi nelle prestazioni aggiuntive o semplicemente lasciata scoperta”, si legge nel report. “Il dato del 17% di necessità non coperte, nonostante tutte le soluzioni messe in campo, descrive bene l’affanno nel quale continuano a operare i pronto soccorso nazionali – spiega Fabio De Iaco, past president della Simeu -. A questa condizione di base si sovrappone il noto fenomeno del boarding, che produce a sua volta un netto incremento del carico lavorativo per ogni dirigente medico, in quanto assorbe il 30-40% delle risorse interne ai pronto soccorso. Le conseguenze in termini di disagio dei pazienti e di stress psico-fisico degli operatori sono evidenti a tutti”.

Una struttura su tre si affida ancora ai gettonisti

Nonostante i tentativi del Governo di ridurre il ricorso alle cooperative, il 32% delle strutture continua a utilizzarle. “Le cooperative sono presenti nel 32% del campione, diffuse su tutto il territorio nazionale: uniche Regioni che non fanno ricorso a cooperative sono Sicilia e Toscana – segnala la Simeu -. Sulla media nazionale, le cooperative forniscono un numero di equivalenti medici pari al 18% delle carenze e al 7% del totale delle necessità di organico. I contratti con le cooperative saranno in scadenza nel 42% dei casi entro i prossimi tre  mesi, nel 26% entro i prossimi 6 mesi, nel 32% entro i 12 mesi”, si legge ancora nel report.
“A livello nazionale una struttura su tre fa ancora ricorso alle cooperative nonostante i correttivi apportati dal Governo – osserva Antonella Cocorocchio, coordinatrice nazionale dell’Area infermieristica della Simeu -. Si pone il problema – in alcuni casi urgentissimo – di capire come sopperire alle esigenze che inevitabilmente si creeranno in vista della non prorogabilità dei contratti stabilita per decreto. La scadenza dei contratti, in molti casi imminente, apre scenari di ulteriore incertezza cui sarebbe davvero necessario dare risposte in tempi brevissimi”, conclude.

 

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