La preeclampsia, una complicanza della gravidanza caratterizzata da ipertensione e, spesso, una quantità eccessiva di proteine nelle urine (proteinuria), colpisce circa il 5% delle gravidanze in Europa e oltre il 10% nei Paesi a basso reddito, dove rappresenta la prima causa di mortalità materna. Ora, grazie ad uno studio pubblicato su Science dall’Ospedale Meyer di Firenze, che ha individuato un nuovo meccanismo alla base della malattia, queste percentuali potrebbero subire un notevole ribasso.
La ricerca, dal titolo “Estrogen-regulated renal progenitors determine pregnancy adaptation and preeclampsia”, dimostra che i progenitori renali svolgono un ruolo cruciale nell’adattamento del rene durante la gravidanza. Attivati dagli estrogeni, questi progenitori generano nuove cellule fondamentali per il filtro renale, permettendo all’organo di sostenere l’aumento del lavoro — fino al 150% in più — richiesto nei nove mesi di gestazione.
Se questo processo non funziona correttamente, il rene non riesce ad adattarsi, aprendo la strada alla preeclampsia, con conseguenze gravi sia per la madre sia per il bambino. Il difetto compromette lo sviluppo neurologico e fisico del nascituro e riduce il numero di nefroni, aumentando il rischio di ipertensione e malattia renale cronica nell’età adulta.
L’ipotesi è nata da un’osservazione casuale: dieci anni fa, in laboratorio, solo i campioni urinari di due ricercatrici in gravidanza permettevano ai progenitori renali di crescere regolarmente in coltura. Un indizio che ha guidato la formulazione della teoria oggi confermata.
La scoperta non solo chiarisce le basi biologiche della preeclampsia, ma apre scenari di prevenzione e trattamento mirato. Controlli precoci nelle gravidanze a rischio e strategie capaci di proteggere i progenitori renali potrebbero diventare strumenti fondamentali per tutelare la salute renale e cardiovascolare della donna e del bambino, anche a lungo termine.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato