Salute 23 Settembre 2025 15:15

Paracetamolo in gravidanza e rischio autismo: la scienza smentisce le parole di Trump

Le dichiarazioni di Donald Trump contro l’uso del paracetamolo in gravidanza hanno suscitato allarme. Ma EMA, neuropsichiatri infantili e clinici italiani ribadiscono: nessuna evidenza scientifica dimostra un legame con l’autismo. L’autismo è un disturbo complesso e multifattoriale che richiede ricerca, non semplificazioni
Paracetamolo in gravidanza e rischio autismo: la scienza smentisce le parole di Trump

Le parole pronunciate da Donald Trump alla Casa Bianca durante un evento sull’autismo hanno subito acceso polemiche e preoccupazioni: il presidente degli Stati Uniti ha invitato le donne in gravidanza a non assumere paracetamolo, sostenendo che il farmaco – tra i più utilizzati al mondo per febbre e dolore – sarebbe “probabilmente associato a un rischio aumentato di autismo”. “Non assumetelo”, ha ribadito il presidente Usa, puntando il dito contro il medicinale. L’imperativo, tuttavia, contrasta con quanto affermato dalle principali agenzie regolatorie e dalla comunità scientifica internazionale, che continuano a ribadire l’assenza di prove solide a sostegno di tale correlazione.

Ema: nessun legame dimostrato tra paracetamolo e autismo

“Il paracetamolo rimane un’opzione importante per il trattamento del dolore o della febbre nelle donne in gravidanza – chiarisce Steffen Thirstrup, direttore sanitario dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) -. Il nostro consiglio si basa su una rigorosa valutazione dei dati scientifici disponibili e non abbiamo trovato prove che l’assunzione di paracetamolo durante la gravidanza causi autismo nei bambini”. L’EMA ricorda che una grande quantità di dati raccolti su donne in gravidanza che hanno assunto il farmaco non indica alcun rischio di malformazioni. Già nel 2019 l’agenzia aveva analizzato gli studi disponibili sullo sviluppo neurologico dei bambini esposti in utero al paracetamolo, concludendo che i risultati erano inconcludenti e che non poteva essere stabilito alcun collegamento con i disturbi dello sviluppo.

AIFA: “Utilizzare il paracetamolo durante la gravidanza, alla dose efficace più bassa”

Anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) informa che, “alla luce delle più recenti valutazioni scientifiche effettuate a livello europeo, non emergono nuove evidenze che richiedano modifiche alle raccomandazioni in vigore sull’uso del paracetamolo in gravidanza. Il paracetamolo (acetaminofene), ampiamente utilizzato per il trattamento della febbre e del dolore, può essere impiegato durante la gravidanza, se clinicamente necessario. I dati disponibili non evidenziano associazioni con un aumento del rischio di autismo né con malformazioni del feto o del neonato”. L’Aifa richiama l’attenzione su una revisione condotta nel 2019 dal Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) sugli effetti del paracetamolo sullo sviluppo neuroevolutivo nei bambini esposti in utero: “Ha concluso – dettaglia l’AIFA in una nota – che le evidenze disponibili non supportano modifiche alle attuali raccomandazioni sull’uso in gravidanza. Le esperienze d’uso in ampie coorti di donne in gravidanza confermano, inoltre, l’assenza di rischi malformativi o tossici”. L’AIFA raccomanda comunque di “utilizzare il paracetamolo durante la gravidanza, alla dose efficace più bassa, per il periodo di tempo più breve possibile e con la frequenza minima compatibile con il trattamento”.

Correlazione non significa causalità

Invita alla prudenza nella diffusione di informazioni distorte anche Stefano Vicari, Professore ordinario all’Università Cattolica e responsabile di Neuropsichiatria all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma: “Quando si parla di scienza è importante essere chiari: la correlazione tra paracetamolo in gravidanza e autismo non è dimostrata. Nemmeno la revisione citata dal governo americano (a supporto delle dichiarazioni del Presidente Trump, ndr) suggerisce una relazione di questo tipo, perché si tratta di dati non definitivi che indicano solo una possibile associazione o correlazione che, dunque, non implica causalità. Il fatto che due eventi si verifichino insieme non significa che l’uno sia la causa dell’altro. Anche un recente lavoro condotto in Svezia, su oltre due milioni di cartelle cliniche, segnala questa possibile associazione, ma anche in questo caso i dati disponibili non sono sufficienti per confermare una correlazione scientificamente supportata. Sarebbe necessario effettuare ulteriori sperimentazioni”, evidenzia il professor Vicari, in un’intervista a Sanità Informazione.

Il neuropsichiatra: “Non generare paure infondate”

“Proprio perché al momento non esiste una prova definitiva è necessario che questi dati parziali e non esaustivi vengano comunicati con cautela, altrimenti le donne in gravidanza potrebbero sperimentare l’angoscia per aver assunto paracetamolo e ritenersi responsabili dell’autismo del proprio bambino – aggiunge il professor Vicari -. Oppure, donne attualmente in dolce attesa potrebbero rinunciare all’assunzione del farmaco anche se prescritto dal proprio medico. Inoltre, va sottolineato che gli studi in questione hanno analizzato esclusivamente gli effetti di dosi molto elevate di paracetamolo durante la gravidanza. L’autismo è una condizione multifattoriale. Sappiamo che la genetica ha un ruolo importante, ma questa, da sola, non spiega l’aumento dei casi osservati negli ultimi anni. Pertanto, è sempre più evidente la correlazione anche con altri fattori come quelli ambientali: si va dall’esposizione a inquinanti durante la gravidanza, alle nascite pretermine, fino al basso peso alla nascita. Sono stati individuati anche altri fattori non definiti: alcuni dati suggeriscono, ad esempio, che un’età paterna più avanzata possa incrementare leggermente il rischio di autismo. Ma anche in questo caso, le evidenze finora raccolte, non sono né definitive, né esaustive”

Sinpia: “affermazioni prive di fondamento scientifico”

Durissimo anche il commento della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA). “Tali dichiarazioni, ampiamente riprese dai media – sottolinea la presidente Elisa Fazzi – risultano prive di reale fondamento scientifico, creano disinformazione e contribuiscono ad alimentare insicurezze e confusione su un problema rilevante per milioni di bambini, adolescenti e famiglie. L’autismo – prosegue Fazzi – è un disturbo complesso e multifattoriale, frutto dell’interazione tra genetica e ambiente. Non esistono evidenze credibili che colleghino con certezza l’insorgenza dell’autismo a farmaci, vaccini o altri fattori invocati in narrazioni infondate”.

Le Associazioni pazienti: “Ritorniamo alla scienza”

Un invito alla cautela arriva da Antonio Marino, presidente di  ANGSA (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo) che, in un’intervista a Sanità Informazione, esorta ad un “ritorno alla scienza. Il Presidente del paese più grande della Terra deve essere più cauto quando fa affermazioni che riguardano la salute umana. Quando parliamo di autismo, affrontiamo un problema non solo sanitario, ma anche sociale, se consideriamo che nel mondo colpisce più di un neonato su 40”. Marino invita, poi, ad una riflessione logica: “Il paracetamolo è diffusissimo negli Stati Uniti, ma non lo è allo stesso modo in altri Paesi. Alla luce di ciò come si spiegherebbe che l’epidemiologia dell’autismo ha una prevalenza analoga ovunque, sia tra le popolazioni che ne abusano, che tra quelle che ne fanno un uso minimo?”. Per il Presidente di ANGSA è positivo che Trump si occupi di autismo, “ma – conclude – deve farlo incrementando i fondi destinati alla ricerca, non insinuando dubbi che rischiano di lasciare le famiglie nell’angoscia”.

 

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