Salute 25 Luglio 2024 11:52

Obesità infantile, Silano (Iss): “Italia quarta in Europa: un bambino su tre è in sovrappeso o obeso”

Tra le cause del fenomeno, la disaffezione degli italiani dalla dieta mediterranea: secondo il progetto Arianna, realizzato  dall’Istituto Superiore di Sanità, l’anno scorso solo il 5% della popolazione generale l'ha seguita
Obesità infantile, Silano (Iss): “Italia quarta in Europa: un bambino su tre è in sovrappeso o obeso”

“L’Italia è quarta in Europa per tassi di obesità infantile dietro Cipro, Grecia e Spagna”. Nel nostro Paese “un bambino su tre tra gli otto e i 10 anni è sovrappeso o francamente obeso”. Sono le parole di Marco Silano, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, endocrinometaboliche e dell’invecchiamento dell’Istituto superiore di sanità, pronunciate durante l’audizione alla Camera dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. “Esiste un gradiente Nord-Sud della prevalenza regionale dell’obesità, con obesità e sovrappeso meno prevalente nelle regioni del Nord e più presente al Sud”, sottolinea Silano. “C’è inoltre una correlazione tra prodotto interno lordo regionale e la prevalenza di obesità e sovrappeso” che vede i bambini residenti nelle Regioni più ricche più magri. Si conferma, dunque, il ruolo delle diseguaglianze sociali come determinante dell’obesità.

Il progetto Arianna

Tra le cause del fenomeno, la disaffezione degli italiani dalla dieta mediterranea: secondo il progetto Arianna, realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, “l’anno scorso solo il 5%  della popolazione generale ha seguito la dieta mediterranea”, aggiunge Silano. La Dieta Mediterranea – come spiegato dagli esperti dell’Iss, sulla pagina web dedicata al progetto Arianna – è un modello alimentare caratterizzato dal consumo frequente di olio d’oliva, spezie, legumi, pesce, frutta e verdura e dal consumo moderato di cereali integrali. La Dieta Mediterranea deve il suo nome al fisiologo Ancel Keys, che notò, durante un viaggio nel Cilento (Sud Italia) e nell’isola di Creta alla fine degli anni ’50, che le abitudini alimentari in queste regioni erano associate a una minore frequenza di malattie cardiovascolari e a una maggiore longevità nella popolazione. La Dieta Mediterranea comprende anche abitudini e stili di vita caratterizzati dalla convivialità e dalla condivisione dei pasti, ricette legate alla tradizione e al legame con il territorio”.

Perché la La Dieta Mediterranea fa bene alla salute

Evidenze scientifiche, nel corso degli anni, hanno associato La Dieta Mediterranea ad una minore prevalenza di obesità e a un minor rischio di malattie cardiovascolari, tumori, diabete di tipo 2 e sindrome metabolica, rispetto allo stile alimentare occidentale. Inoltre, questo regime alimentare riduce la mortalità per tutte le cause. Tuttavia, recenti report scientifici hanno dimostrato che la popolazione italiana non segue più un modello alimentare mediterraneo:  soprattutto tra gli adolescenti, le abitudini alimentari sono sempre più “occidentalizzate” e “globalizzate”. Gli unici due studi disponibili sulla popolazione italiana riportano rispettivamente che solo il 5% dei bambini delle scuole primarie e il 16% degli studenti delle scuole superiori hanno una buona aderenza alla Dieta Mediterranea.

Gli obiettivi del Progetto Arianna

È per invertire questa tendenza che nasce il progetto Arianna: le sue attività  sono collegate al tavolo tecnico italiano per il Decennio d’Azione delle Nazioni Unite sulla Nutrizione. L’obiettivo, tra gli altri, come spiegato dagli esperti Iss è di “di generare documentazione scientifica per la promozione della Dieta Mediterranea, come modello di diete tradizionali, che può essere considerata uno strumento di salute pubblica per la prevenzione delle malattie croniche trasmissibili e uno strumento per la prevenzione del triplice fardello della malnutrizione”. La Dieta Mediterranea è, dunque, “un patrimonio importantissimo di prevenzione dell’obesità e delle malattie cardiovascolari e uno strumento di invecchiamento in salute“, sottolinea Silano che è, tuttavia “completamente negletto e abbandonato anche in Italia, che ne è la culla”, conclude il direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, endocrinometaboliche e dell’invecchiamento dell’Istituto superiore di sanità.

 

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