“Mille e non più mille.” Una frase che ancora oggi porta con sé un’eco di limite, di soglia invalicabile, di timore collettivo. Le sue origini affondano nell’Apocalisse di Giovanni, dove si parla del regno di mille anni dei giusti insieme a Cristo: nel Medioevo, molti interpretarono quel passo come il limite oltre il quale il mondo non sarebbe più esistito.
La genesi e il mito dell’anno Mille
Nella memoria collettiva, l’avvicinarsi dell’anno Mille è stato tramandato come un periodo di panico diffuso, di folle terrorizzate in attesa della fine. In realtà, gli studi storici ci dicono che non ci furono grandi sommovimenti popolari: la vita continuava, i contadini lavoravano i campi, i mercanti scambiavano merci e la cronaca quotidiana non registra quell’ondata apocalittica che spesso la leggenda ha voluto dipingere.
Il mito dell’anno Mille è dunque più un simbolo che un fatto storico. Rappresenta il meccanismo, sempre presente, con cui l’uomo di fronte a una soglia nuova tende a proiettare paure e fantasmi.
Oscurantismi di ieri e di oggi
La storia è ricca di questi momenti: dalla stampa, sospettata di diffondere eresie; alle rivoluzioni scientifiche che incrinavano l’ordine cosmico. Ogni volta che il nuovo genera timori, l’oscurantismo alza le sue barriere.
Oggi quel meccanismo si ripresenta con la scienza e i vaccini ne sono uno dei paradigmi più evidenti. Negli ultimi tempi il Presidente degli Stati Uniti ha rilanciato paure già note, dichiarando che alcuni vaccini infantili potrebbero essere rimossi “se i dati mostrano collegamenti con l’autismo”. Ha affermato che il tasso di autismo nei bambini è “a un livello che nessuno avrebbe mai creduto possibile” e che “c’è qualcosa che lo causa”, insinuando correlazioni prive di fondamento scientifico solido. Parallelamente, è notizia di queste ore, l’amministrazione ha annunciato che l’uso del paracetamolo durante la gravidanza potrebbe essere collegato a un aumentato rischio di autismo, raccomandando prudenza anche in assenza di prove definitive.
Velocità, incertezza e disinformazione
Fra i motivi per cui certe dichiarazioni trovano terreno fertile, c’è anche la velocità con cui avanzano la scienza e la tecnologia. Le innovazioni si susseguono a un ritmo vertiginoso, che spesso supera la capacità delle persone e delle comunità di comprenderne i meccanismi, valutarne le conseguenze e sviluppare fiducia. Non è la scienza a essere fragile o incoerente, quanto piuttosto la difficoltà della società a tenere il passo con un cambiamento così rapido.
Ma, in questo scarto tra la velocità del progresso e la lentezza della comprensione si insinua la paura. Ed è proprio in questo vuoto che spesso si infilano interessi economici e politici, che hanno tutto da guadagnare dal mantenere la popolazione confusa e diffidente. La disinformazione diventa così uno strumento: alimentare sospetti sui vaccini o sui farmaci non solo mina la fiducia nella scienza, ma può aprire spazi a nuovi mercati, consolidare leadership politiche o giustificare tagli alla ricerca, presentandoli come scelte di “prudenza”.
I tagli alla ricerca come nuovo “non più mille”
A rendere più preoccupante il quadro vi sono i tagli senza precedenti alla ricerca scientifica proposti (utilizziamo lo stesso esempio…) dall’amministrazione Trump. Riduzioni massicce al budget dei National Institutes of Health, della National Science Foundation e di altre agenzie rischiano di indebolire la ricerca di base e di compromettere la capacità di innovare. È come se, di fronte alla soglia del nuovo, invece di cercare di attraversarla, si scegliesse di spegnere la luce.
L’Intelligenza Artificiale come nuovo “anno Mille”
Ma anche l’Intelligenza Artificiale può essere portata ad esempio. In pochi anni è passata dalle sperimentazioni di laboratorio a strumenti quotidiani capaci di scrivere testi, generare immagini, prendere decisioni autonome in ambito medico, legale, finanziario. Una velocità impressionante che genera entusiasmo, ma anche timori: perdita di posti di lavoro, manipolazione dell’opinione pubblica, perfino scenari catastrofici di macchine fuori controllo.
Molte di queste paure sono legittime e meritano attenzione regolatoria e etica; altre invece vengono amplificate ad arte da chi vuole rallentare il progresso o orientarlo a proprio vantaggio. Come già avvenuto con i vaccini, la sfida non è solo tecnica ma comunicativa: dare strumenti di comprensione, distinguere tra rischi reali e fantasie, impedire che il “mille e non più mille” dell’AI diventi un nuovo mito paralizzante.
Mille e non più mille oggi
Così, il “non più mille” assume oggi una nuova forma: non è la fine del mondo fisica che si paventa, ma lo spettro di un arretramento della scienza, di un limite imposto non dal reale ma dalla paura, dall’incertezza e dal disinvestimento.
La storia insegna che ogni oscurantismo, prima o poi, si dissolve davanti all’evidenza. Tuttavia, ciò non accade da sé: richiede spirito critico, trasparenza, dialogo e fiducia. Serve proteggere la ricerca, non soffocarla. Serve distinguere ciò che è ipotesi da ciò che è dimostrato.
“Mille e non più mille” non è mai stato destino. È stato, e rimane, un monito: sta a noi decidere se lasciarlo agire come condanna o trasformarlo in occasione per guardare oltre la soglia, con fiducia nel futuro.