Lavoro e Professioni 21 Novembre 2022 10:36

Lombardia, si lavora per la direzione assistenziale e libera professione per infermieri e operatori sanitari

Con la proposta di legge 231 presentata da Simona Tironi e Giulio Gallera, la Regione vuole valorizzare la figura dell’infermiere e delle professioni sanitarie. Tavolo con Ordini, sindacati e mondo accademico per superare le criticità di oggi: carenza di personale, salari bassi e zero crescita professionale

Valorizzare la figura dell’infermiere  e più in generale le professioni sanitarie. Con questo obiettivo lo scorso 18 novembre in Regione Lombardia si sono dati appuntamento i protagonisti del settore con i firmatari della proposta di legge 231, Simona Tironi, Vicepresidente della commissione sanità e Giulio Gallera, già assessore al welfare e oggi presidente della commissione Programmazione e Bilancio.

«Torno a fare proposte per la sanità perché è un settore che amo molto  – ha ammesso Gallera a margine del convegno – ho dedicato molto tempo ed energie a questa esperienza che è stata la più importante della mia vita. Oggi è un momento fondamentale, perché deve essere rilanciato l’universalismo e le qualità delle cure, adottando sistemi innovativi».

Introduzione della direzione assistenziale e libera professione per operatori sanitari assunti nel pubblico

Due le novità più significative della legge 231: l’introduzione della direzione assistenziale che si occuperà della presa in carico  di pazienti cronici, fragili e/o con più patologie e la possibilità per infermieri e operatori sanitari di svolgere anche attività in regime di libera professione. «L’introduzione della direzione assistenziale ha un compito importantissimo – ha spiegato Gallera – ovvero di governare e sovraintendere i percorsi di accompagnamento e di presa in carico dei pazienti sia all’interno degli ospedali che sul territorio». Perché questo progetto possa prendere corpo però sarà necessario avere maggiore disponibilità di risorse sul territorio. La legge 231 propone per infermieri ed operatori sanitari impiegati nel settore pubblico, di lavorare anche nella libera professione, un modello ibrido già sperimentato per i medici. «Con questa proposta di legge noi vogliamo togliere il vincono di esclusività che ancora gli infermieri hanno a differenza dei medici che operano nei presidi ospedalieri – ha sottolineato Simona Tironi – . Durante la pandemia questo è stato possibile perché gli infermieri potessero stare sul territorio durante la campagna vaccinale, oggi con la carenza di organico che abbiamo, soprattutto infermieristico, non possiamo pensare di mantenere ancora il vincono di esclusività».

Favorevoli sindacati e ordini professionali per tamponare la carenza di personale

Positivi i riscontri di sindacati e ordini professionali presenti che hanno portato al tavolo di confronto esperienze e  suggerimenti. «È una proposta di legge molto importante – ha commentato Mimma Sternativo, Segretario FIALS Milano città metropolitana – il direttore assistenziale serve perché il professionista sanitario è l’unico ad avere le competenze per poter parlare di processi assistenziali». «Stiamo seguendo un percorso già attivato in altre regioni – ha aggiunto Beatrice Mazzoleni, Segretario Nazionale FNOPI – quindi siamo all’avanguardia, l’importante sarà riuscire a sviluppare bene questa strategia che permetterà di valorizzare gli infermieri nella clinica, le specializzazioni, garantire loro nuove competenze, quindi riuscire a dare  tutti i servizi necessari agli assistiti».

Salari bassi e zero crescita professionali i limiti da superare

Resta da sciogliere il nodo della carenza degli infermieri che oggi in Italia si attesta nell’ordine di 70 mila unità, destinata a crescere nel tempo per la poca attrattività della professione.«Riuscire a sopperire all’assenza di personale non è semplice – ha ammesso Mazzoleni –. Ogni anno si laureano circa 15 mila infermieri, mentre cresce il numero degli infermieri in uscita. Una curva demografica preoccupante, che impone di ragionare  su un nuovo modello infermieristico assistenziale, con nuove competenze come ad esempio fare prescrizioni, mentre  preveda figure di supporto come i SUPER OSS che avranno altre competenze per erogare ciò che l’infermiere non riesce a fare».

Un cambio di passo necessario anche per il mondo accademico. «È un problema su cui riflettere anche con la politica – ha rimarcato Maura Lusignani, preside del corso di laurea magistrale in scienze biomediche dell’Università Statale di Milano -. Oggi si sono evidenziati i problemi che rendono poco attrattiva la professione in questo momento: competenza, che deve essere aumentata con formazione universitaria e specializzazioni, ma anche stipendi bassi e il prestigio sociale della professione assente. Sono elementi critici su cui occorre lavorare insieme». «Dobbiamo rendere i corsi di laurea appetibili, e per fare ciò occorre che, al termine della progressione di carriera formativa, ci sia un adeguato stipendio – ha aggiunto Diego Catania, Vicepresidente nazionale FNO TSRM e PSTRP -. È poi necessario che nell’arco della vita professionale ci siano scatti di carriera e riconoscimenti anche sulla base dell’anzianità. Non è ammissibile che un Professionista Sanitario laureato inizi e termini la professione sempre con la stessa inquadratura, senza mai avere una progressione di carriera». Su questo punto il segretario FIALS ha voluto puntualizzare che «il contratto nazionale pone dei primi passi per la valorizzazione delle competenze, soprattutto quelle professionali, visto che c’è un allineamento dell’istituto degli incarichi a quello della dirigenza medica – ha detto Mimma Sternativo -, quindi oggi i professionisti che  hanno maturato competenze avanzate cliniche possono avere un incarico;  un piccolo passo è stato fatto, a breve ci auguriamo di riaprire le trattative nazionali in modo da poter dare di più».

 

 

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