In Italia l’obesità non è più solo una questione di salute, riconosciuta dalla comunità scientifica, ma oggi è ufficialmente definita ‘malattia’ anche dalla legge, con diritti e percorsi di cura garantiti a chi ne soffre. Le associazioni di pazienti, dalla Federazione Italiana Associazioni Obesità (FIAO) a Coldiretti, accolgono con entusiasmo l’approvazione della Legge Pella (dal nome del suo primo firmatario, l’on. Roberto Pella, ndr) – che riconosce l’obesità come una malattia cronica e progressiva, introducendo misure concrete per la prevenzione, la cura e la sensibilizzazione sociale – ma sottolineano che questo voto è “solo l’inizio di un percorso più ampio e concreto”
“Il risultato raggiunto oggi è un punto di partenza – spiega Iris Zani, presidente di FIAO – dobbiamo garantire l’accesso alle cure, promuovere campagne di sensibilizzazione e costruire percorsi multidisciplinari che rispondano davvero ai bisogni dei pazienti”. Coldiretti, dal canto suo, richiama l’urgenza di strategie nazionali di educazione alimentare, di mense scolastiche rilanciate come luoghi di salute, con cibi a km zero e filiere corte, e di interventi concreti per limitare il consumo di cibi ultra-processati, soprattutto tra i più giovani. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, definisce l’approvazione della legge “un segno di civiltà” e ribadisce l’impegno del governo alla prevenzione: “L’obesità è una malattia e un fattore di rischio per molte patologie cronico-degenerative, metaboliche e oncologiche. La direzione è chiara: puntare sulla prevenzione e sulla formazione degli operatori sanitari per affrontare questa sfida”.
La legge stabilisce che l’obesità non è una responsabilità esclusiva del paziente, ma una condizione medica che va affrontata con strategie multidisciplinari. Il provvedimento prevede un approccio integrato che comprende prevenzione, cure e campagne di sensibilizzazione. “L’obesità rappresenta un’emergenza globale, che interessa fortemente anche il nostro Paese -spiega l’on. Roberto Pella -. Averla riconosciuta oggi come malattia testimonia la volontà piena di affrontarla come una priorità nazionale. Da questo momento l’Italia è il primo Paese al mondo ad avere una legge simile”. Pella ha inoltre ricordato l’importanza del Fondo mirato per la cura e la prevenzione dell’obesità, con dotazioni crescenti dal 2025 al 2027, e l’impegno per sensibilizzare le istituzioni, le scuole e i cittadini.
Giovanni Migliore, presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso), sottolinea che “la prevenzione è la vera frontiera” e che “le aziende sanitarie sono pronte ad agire”. Migliore ha ricordato l’urgenza di intervenire, dato che quasi metà della popolazione adulta e un numero crescente di bambini sono coinvolti. “Agire oggi significa evitare l’insorgenza di molte malattie croniche e salvaguardare la sostenibilità del nostro sistema sanitario pubblico. Le aziende sanitarie svilupperanno programmi territoriali e scolastici, percorsi multidisciplinari e utilizzeranno strumenti innovativi, come l’intelligenza artificiale, per interventi tempestivi e personalizzati”, aggiunge Migliore. Nei mesi scorsi Fiaso ha promosso la creazione della Rete italiana obesità, coinvolgendo aziende sanitarie, scuole, università, enti locali e associazioni civiche per sviluppare sei pilastri strategici: prevenzione territoriale, formazione dei professionisti, innovazione digitale, integrazione dei percorsi assistenziali, approccio One Health e partenariati pubblico-privato.
“Il ddl obesità è un passo avanti importante, che va ora accompagnato da misure concrete per limitare il consumo di cibi ultra-processati, soprattutto nei bambini e nei ragazzi”, afferma Coldiretti. Iris Zani, presidente di FIAO, aggiunge che “il risultato raggiunto oggi non va inteso come un punto di arrivo, ma come un punto di partenza. Bisognerà lavorare sull’inserimento nei Lea di tutte le prestazioni necessarie ai pazienti e sviluppare campagne di sensibilizzazione verso pazienti e collettività”. Le associazioni sottolineano, dunque, che la legge non deve limitarsi a riconoscere l’obesità come malattia, ma deve tradursi in interventi concreti per prevenire, curare e informare, in particolare le nuove generazioni.
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