L’Italia non solo invecchia rapidamente, ma si spopola. È quanto emerge dal nuovo report Istat “Previsioni della popolazione residente e delle famiglie”, che delinea un quadro demografico destinato a cambiare radicalmente la domanda sanitaria nei prossimi decenni, domanda già attualmente in rapido mutamento. Molte delle misure previste nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in primis il rafforzamento della rete di assistenza e cura territoriale e domiciliare, puntano, infatti, proprio ad offrire una risposta ai bisogni di salute emergenti. Se oggi la popolazione residente è di circa 59 milioni, nel 2050 sarà scesa a 54,7 milioni, con una riduzione costante: -478mila persone entro il 2030, -4,6 milioni entro il 2050, fino ad arrivare potenzialmente a 45,8 milioni nel 2080. A cambiare però non sarà solo il numero, ma soprattutto la struttura per età. Gli over 65 passeranno dal 24,3% attuale al 34,6% nel 2050, mentre la fascia 15-64 anni – cioè in età lavorativa – scenderà al 54,3%. I giovani fino a 14 anni si ridurranno all’11,2%.
Preoccupa in particolare l’aumento degli over 85, fascia dove si concentrano cronicità, disabilità e fragilità: dal 3,9% della popolazione odierna al 7,2% entro il 2050. E ancora più significativo sarà l’aumento degli anziani soli: da 4,6 milioni nel 2024 a 6,5 milioni nel 2050, con importanti ricadute sull’organizzazione dell’assistenza domiciliare e residenziale. Attualmente, l’assistenza di questi ‘grandi’ anziani è sulle spalle dei caregiver familiari che, senza un ricambio generazionale, varcheranno anch’essi la soglia della terza età e, dunque, saranno a loro volta bisognosi di cura.
La famiglia “tradizionale” con figli sarà sempre più rara: le coppie con figli passeranno dal 28,6% al 21,4% del totale delle famiglie, mentre aumenteranno quelle senza figli e le persone sole (che nel 2050 rappresenteranno il 44,3% delle famiglie totali).
L’invecchiamento porterà, come già sta accadendo in questi anni, ad un incremento della domanda di prestazioni sanitarie e assistenziali, in particolare nei settori della geriatria, della riabilitazione, della medicina di base, dei servizi infermieristici e dell’assistenza territoriale. L’età media della popolazione, oggi a 46,6 anni, aumenterà fino a superare i 51 anni nel Centro e Mezzogiorno. Parallelamente, la popolazione in età lavorativa, che oggi regge non solo il sistema contributivo, ma anche lo stesso Sistema Sanitario Nazionale, sarà sempre più ridotta. Una pressione significativa ricadrà quindi sul personale sanitario, già oggi carente in alcune specialità, e sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, in termini sia finanziari che organizzativi. La crescita delle cronicità, della non autosufficienza e delle solitudini richiederà un modello di sanità più vicino al territorio, basato su prevenzione, domiciliarità e presa in carico continuativa.
Anche nello scenario più ottimistico, l’Istat conferma che le nascite non riusciranno a compensare i decessi: anche ipotizzando una risalita del tasso di fecondità fino a 1,85 figli per donna nel 2080 (oggi è 1,2), il saldo naturale resterà negativo. Questo implica che la riduzione demografica è ormai strutturale, salvo forti variazioni migratorie o shock esterni. Il futuro demografico dell’Italia, dunque, è segnato da una popolazione meno numerosa, molto più anziana e con famiglie sempre più piccole. In questo scenario, non è difficile prospettare che l’impatto sul sistema sanitario sarà profondo e inevitabile.
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