Un team di ricercatori del The George Institute for Global Health ha realizzato qualcosa che potrebbe cambiare per sempre il modo in cui affrontiamo l’ipertensione: un calcolatore online, presentato su The Lancet, capace di suggerire il farmaco migliore (e il giusto dosaggio) per ogni singolo paziente.
Lo strumento si fonda sull’analisi di 484 studi clinici randomizzati, che hanno coinvolto oltre 104 mila persone. Un patrimonio di dati enorme, che ha permesso di misurare in maniera molto precisa l’efficacia dei principali farmaci antipertensivi e delle loro combinazioni. Gli autori, guidati da Nelson Wang, hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi prendendo in esame i cinque gruppi più utilizzati nella pratica clinica: gli ACE-inibitori, i sartani, i beta-bloccanti, i calcio-antagonisti e i diuretici. Sono stati inclusi solo studi rigorosi, in doppio cieco e controllati con placebo, con un follow-up compreso tra quattro e ventisei settimane. Da queste evidenze è stato sviluppato un modello predittivo, poi validato anche su studi esterni, che consente di stimare con grande affidabilità quanto ciascun regime terapeutico ridurrà la pressione sistolica.
In media, un singolo farmaco assunto alla dose standard abbassa la pressione sistolica di circa 8-9 mmHg. Se la dose viene raddoppiata, si ottiene un beneficio aggiuntivo di poco più di 1,5 mmHg. Quando i farmaci vengono combinati, l’effetto cresce: una doppia associazione alla dose standard riduce la pressione di quasi 15 mmHg, e se entrambi i principi attivi vengono somministrati a dose piena, la riduzione aggiuntiva è di circa 2,5 mmHg. Gli autori sottolineano anche come l’efficacia dipenda dai valori di partenza: chi ha una pressione basale più bassa ottiene, a parità di trattamento, un calo meno pronunciato. Inoltre, non tutte le classi di farmaci rispondono allo stesso modo e le differenze sono significative sia tra le molecole sia all’interno dello stesso gruppo terapeutico.
Per rendere più semplice la scelta terapeutica, i ricercatori hanno classificato i trattamenti in tre categorie:
bassa intensità, quando l’efficacia è inferiore a 10 mmHg;
moderata intensità, tra 10 e 19 mmHg;
alta intensità, quando la riduzione è pari o superiore a 20 mmHg.
La gran parte delle monoterapie standard (quasi l’80%) rientra nella categoria a bassa intensità. Tra le combinazioni a doppio dosaggio, oltre la metà raggiunge un livello di efficacia moderato, mentre solo l’11% riesce a produrre un abbassamento della pressione di intensità alta.
Secondo Nelson Wang, “la riduzione della pressione sistolica anche di un solo millimetro di mercurio comporta una diminuzione del rischio di ictus e infarto del 2%. Tuttavia, la pratica clinica è spesso condizionata dalla variabilità naturale della pressione, che fluttua durante la giornata, da una stagione all’altra e persino da un momento all’altro. Queste oscillazioni – spiega – possono superare le differenze prodotte dai farmaci stessi, rendendo difficile la valutazione dell’efficacia”. Ed è qui che il calcolatore rappresenta una svolta: consente di partire da un obiettivo preciso — quanto è necessario abbassare la pressione per quel paziente — e di scegliere la combinazione farmacologica più adatta, basandosi sulle evidenze e non solo su tentativi progressivi. “Con questo metodo — conclude Wang — possiamo avviare subito il paziente a un piano terapeutico mirato, riducendo l’inerzia prescrittiva e aumentando le probabilità di raggiungere gli obiettivi pressori ideali nel più breve tempo possibile”.
I prossimi passi saranno cruciali: il modello dovrà essere testato in trial clinici prospettici, dove i pazienti riceveranno le terapie suggerite dal calcolatore.
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