Nei centri antiveleni italiani quasi un’esposizione su due coinvolge bimbi sotto i sei anni. Al convegno nazionale organizzato al Bambino Gesù, pediatri e tossicologi analizzano cause, casi più frequenti e strategie per prevenire gli incidenti
Basta un attimo di distrazione, un flacone lasciato sul tavolo o una pillola dimenticata, e l’ordinario può trasformarsi in pericolo. È così che le intossicazioni pediatriche continuano a rappresentare una delle emergenze più frequenti tra i più piccoli: quasi il 44% dei casi riguarda bimbi sotto i sei anni, alle prese con sostanze che nella vita adulta consideriamo innocue. La questione è tornata al centro del confronto scientifico durante il convegno nazionale “Intossicazioni acute in età pediatrica”, ospitato all’ospedale Bambino Gesù di Roma e promosso dalla Società italiana di tossicologia (Sitox). Due giornate intense dedicate alla condivisione di esperienze cliniche, simulazioni e aggiornamenti, con un obiettivo preciso: rafforzare la capacità del sistema sanitario di rispondere in modo rapido e coordinato.
Cosa accade nelle case: dati e scenari
Dai numeri presentati emerge una fotografia chiara: il 44% delle esposizioni a sostanze chimiche o prodotti industriali coinvolge bambini molto piccoli. I detersivi e i detergenti rimangono le sostanze più chiamate in causa, seguiti da combustibili, deodoranti e materiali per il bricolage. In molti casi si tratta di quantità ridotte, che non evolvono in quadri clinici gravi, ma non mancano episodi a rischio elevato, soprattutto quando entrano in gioco sostanze caustiche, farmaci lasciati in giro o l’ingestione accidentale di materiali più insoliti, come funghi tossici o sostanze d’abuso. Il Centro antiveleni pediatrico del Bambino Gesù, punto di riferimento nazionale, gestisce ogni anno tra 8mila e 10mila consulenze telefoniche e circa 600 accessi clinici. È una mole di casi che testimonia quanto il fenomeno sia diffuso e quanto sia indispensabile un intervento specialistico tempestivo, capace di indirizzare correttamente anche gli episodi meno severi.
L’importanza di una rete che funziona
“La gestione quotidiana di migliaia di consulenze e centinaia di accessi mette in evidenza la grande varietà delle esposizioni che coinvolgono i bambini. Un contatto tempestivo con il centro antiveleni permette spesso di evitare accessi impropri al pronto soccorso, mentre nei casi più complessi garantisce un intervento immediato e mirato”, spiega Marco Marano, membro Sitox e responsabile del Centro antiveleni pediatrico del Bambino Gesù. Le sue parole sottolineano un punto chiave: la prevenzione non è un dettaglio accessorio, ma un tassello essenziale per ridurre gli incidenti. Conservare correttamente farmaci e prodotti chimici, non lasciare flaconi aperti in giro, evitare che i più piccoli imitino comportamenti potenzialmente rischiosi sono azioni semplici, ma capaci di fare la differenza. Ed è proprio su questo che la Sitox invita famiglie, pediatri e servizi territoriali a lavorare insieme, costruendo una rete efficiente, capace di garantire protezione e continuità di intervento.
Formazione, aggiornamento e politiche di prevenzione
Il confronto scientifico ha evidenziato anche un altro aspetto: i prodotti presenti oggi nelle case sono sempre più diversificati, e cambiano nel tempo, rendendo necessario un costante aggiornamento delle competenze degli operatori sanitari. Dagli accessi più frequenti per farmaci incontrati accidentalmente ai casi legati a cosmetici, sostanze industriali, fauna domestica o funghi, la casistica è vasta e richiede una risposta armonizzata su scala nazionale. “I dati evidenziano con chiarezza la necessità di rafforzare la prevenzione e le competenze degli operatori sanitari – sottolinea Carlo Locatelli, già presidente Sitox e direttore del Centro antiveleni Irccs Maugeri di Pavia -. La Sitox svolge un ruolo centrale nel coordinare attività scientifiche e formative a livello nazionale, favorendo una risposta sempre più qualificata alle intossicazioni pediatriche. È altrettanto importante consolidare la collaborazione con le istituzioni, affinché le evidenze raccolte dai centri antiveleni – conclude – possano tradursi in politiche di prevenzione mirate, campagne informative efficaci e linee di intervento condivise”.
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