In Italia gli incendi boschivi non sono un fenomeno nuovo, ma con il cambiamento climatico la loro frequenza e gravità sono aumentate negli ultimi anni, soprattutto nelle stagioni calde. Anche se ora siamo in autunno, il problema resta. Ed è nella stagione estiva che si evidenziano le conseguenze peggiori: fumo denso, pessima qualità dell’aria, impatti sulla salute respiratoria e cardiovascolare delle popolazioni vulnerabili. Guardando oltreoceano, uno studio degli Stati Uniti rivela che quello che molti percepiscono come stagionali emergenze climatiche rischia di diventare una crisi costante.
Il lavoro si intitola “Wildfire smoke exposure and mortality burden in the US under climate change” (Nature, 2025). Gli autori collegano il clima agli incendi boschivi, il fumo che producono, il particolato fine (PM₂.₅) e gli effetti sulla salute usando modelli statistici e di apprendimento automatico e dati su tutti i decessi registrati negli USA. Proiettano che entro il 2050, in uno scenario di riscaldamento elevato (SSP3-7.0), il fumo da incendio possa causare 71.420 morti in eccesso all’anno (intervallo di confidenza 95%: 34.930-98.430), un aumento del 73% rispetto alla media annuale 2011-2020. L’eccesso cumulativo di morti legate al fumo PM₂.₅ da incendi potrebbe raggiungere 1,9 milioni tra il 2026 e il 2055. Viene inoltre segnalato che gli effetti sul rischio di mortalità perdurano fino a tre anni dopo esposizioni acute.
Non si tratta solo di numeri: lo studio sottolinea che il danno economico collegato alle morti da fumo, se tradotto in costi sociali e sanitari, supererà le stime esistenti dei danni climatici causati da altre fonti, incluse le ondate di calore, le perdite agricole, i consumi energetici.
Guardando agli Stati Uniti, il rischio che vedono oggi potrebbe manifestarsi anche da noi se non si adottano misure di mitigazione e adattamento efficaci. In Italia alcune regioni, specialmente quelle interne, montane o costiere soggette ad incendi, affrontano già estati con aria torbida, superamento dei limiti di PM₂.₅, ospedalizzazioni per asma, BPCO, malattie cardiache. Se le tendenze climatiche proseguono, il numero di giorni con alta concentrazione di fumo e particolato potrebbe crescere, con effetti che possono durare oltre l’esposizione immediata, come indicato nello studio degli USA.
Anche se il futuro delineato dallo studio sembra pesante, non è inevitabile. È possibile intervenire su vari fronti: migliorare la gestione del territorio (ridurre il combustibile vegetale, pratiche di prevenzione), rafforzare i sistemi di allerta e prevenzione sanitaria, proteggere le popolazioni più fragili (anziani, bambini, persone con malattie croniche), e mettere in campo politiche efficaci di riduzione delle emissioni globali per rallentare il cambiamento climatico.
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