Prevenzione 9 Giugno 2025 11:34

HIV, i dermatologi sentinelle della malattia

La diagnosi precoce dell’infezione da HIV può partire dalle lesioni della pelle: il 90% delle persone con HIV sviluppa patologie della pelle prima della diagnosi o durante il trattamento
HIV, i dermatologi sentinelle della malattia

Quando la pelle si ammala, può svelare molto più di quanto sembri. Nel caso dell’HIV, in particolare, i segni cutanei sono spesso i primi a manifestarsi, fungendo da campanelli d’allarme per una diagnosi che, se tempestiva, può fare la differenza. A sottolinearlo è la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST), che accende i riflettori sul ruolo sempre più strategico del dermatologo nella lotta contro l’infezione da HIV in vista del Congresso nazionale SIDeMaST – Special Edition 2025 organizzato nell’ambito del XIV International Congress of Dermatology (Roma 18-21 giugno). “Il 90% delle persone con HIV sviluppa almeno una patologia cutanea prima della diagnosi o durante il trattamento – spiega la Prof.ssa Maria Concetta Fargnoli, Vicepresidente SIDeMaST e Direttore Scientifico dell’IRCCS Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma – questo fa capire quanto sia importante la tempestività dell’intervento del dermatologo che può avere un ruolo chiave nella diagnosi precoce della malattia e nel velocizzare la presa in carico del paziente”.

HIV: dati in crescita e consapevolezza ancora parziale

I numeri dell’HIV in Italia non sono rassicuranti. Secondo i dati aggiornati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2023 sono stati notificati 2.349 nuovi casi, corrispondenti a un’incidenza di 4 nuovi casi ogni 100.000 abitanti. Un valore che segna un preoccupante aumento rispetto al 2022 e che riporta l’attenzione ai livelli precedenti la pandemia di COVID-19: dopo un trend in calo osservato tra il 2012 e il 2020, dal 2021 si è tornati a registrare un incremento costante. Preoccupante anche il dato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: nonostante l’84% delle persone con HIV sia consapevole della propria sieropositività e l’87% di chi ha ricevuto la diagnosi riceva la terapia antiretrovirale, il 13% delle persone con HIV non è in trattamento, aumentando il rischio di trasmissione.

Quando la pelle parla: i segnali da non sottovalutare

Ma quali sono le manifestazioni cutanee che dovrebbero indurre il paziente a recarsi dal dermatologo e far sospettare una possibile infezione da HIV? “Alcune malattie della pelle, pur non essendo specifiche dell’HIV – afferma la Professoressa Fargnoli vicepresidente SIDeMaST – possono rappresentare un primo segno di infezione da HIV, in particolar modo quando si presentano in forma atipica, grave e soprattutto resistente ai trattamenti. Le manifestazioni che devono allertare il paziente sono un’eruzione maculo-papulare simile a quella di una mononucleosi o morbillo, la dermatite seborroica, spesso più estesa e resistente ai trattamenti rispetto alle forme comuni, herpes zoster ricorrente o particolarmente esteso, scabbia diffusa e refrattaria alle terapie standard, infezioni fungine croniche come candidosi orale ed esofagea, dermatofitosi estese, forme particolarmente gravi di psoriasi”.

Il dermatologo come “sentinella” dell’HIV

Proprio per queste caratteristiche cliniche, il dermatologo può diventare il primo “guardiano” della salute del paziente, anticipando la diagnosi dell’infezione grazie ad una corretta interpretazione dei segni cutanei. “Il dermatologo è quindi, in molti casi, il primo specialista ad intercettare l’infezione – sottolinea la Dottoressa Lidia Sacchelli, assegnista di ricerca presso il Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna – la cui presenza deve essere poi confermata da un’analisi del sangue con test specifici per l’HIV. In un certo senso potremmo parlare di ‘dermatologi-sentinella’, che appena individuano la criticità, possono poi attivare l’intero iter diagnostico-terapeutico”.

Formazione e linee guida: le sfide per il futuro

Nonostante la centralità del dermatologo, esistono ancora ostacoli importanti nella diagnosi precoce dell’HIV da manifestazioni cutanee. Primo fra tutti, la mancanza di linee guida operative aggiornate che forniscano ai professionisti strumenti chiari per identificare i casi sospetti. “Abbiamo bisogno di strumenti e formazione per migliorare la capacità di effettuare diagnosi precoci – aggiunge la prof.ssa Fargnoli – solo così potremo essere ancora più tempestivi, considerando che meno tempo passa tra l’individuazione di un segno sospetto, più possibilità avremo di limitare il decorso della malattia e le sue conseguenze”.

La proposta di una task force SIDeMaST

Proprio per rafforzare il presidio dermatologico nella gestione dell’HIV, SIDeMaST insieme con altre Società Dermatologiche ha lanciato la proposta di una task force di dermatologi venereologi esperti, riconosciuta a livello scientifico e in grado di guidare la ricerca, la formazione e il coordinamento con infettivologi e altri specialisti. “Come SIDeMaST – conclude la professoressa Fargnoli – siamo attivamente impegnati nella ricerca su infezioni sessualmente trasmissibili e uniamo competenze dermatologiche e infettivologiche. Il nostro obiettivo è specializzare ulteriormente i dermatologi per riconoscere in modo sempre più tempestivo i segnali che possono indicare la presenza dell’HIV, e collaborare in maniera strutturata con i colleghi infettivologi per il miglior trattamento possibile”.

 

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