Nutri e Previeni 19 Giugno 2025 15:58

Digiuno intermittente: funziona, ma non è la bacchetta magica

Lo studio ha confrontato tre tipi di digiuno intermittente con la classica dieta ipocalorica, priva di restrizioni orarie. Solo il digiuno a giorni alterni si è distinto per una maggiore riduzione del peso
di I.F.
Digiuno intermittente: funziona, ma non è la bacchetta magica

“Funziona ma non è paragonabile ad una bacchetta magica”. Potremmo riassumere così i risultati di una ricerca sul digiuno intermittente coordinata dall’Università di Toronto e pubblicata sul British Medical Journal. Prima di arrivare a questa conclusione gli scienziati hanno analizzato quasi cento studi e oltre seimila persone per verificare quanto questo metodo fosse effettivamente efficace per la perdita di peso. “Il digiuno intermittente è diventato molto popolare come modello alimentare – spiegano i ricercatori – e prevede periodi a consumo energetico ridotto o nullo, alternati a momenti in cui l’assunzione calorica è libera”. Le modalità possono variare: da ore di astensione durante la giornata (il cosiddetto 16:8) fino a giornate intere senza cibo, come nel caso del digiuno a giorni alterni, che è risultato lievemente più efficace rispetto alle altre forme.

Digiuno intermittente VS diete caloriche

Lo studio ha confrontato tre tipi di digiuno intermittente con la classica dieta ipocalorica, priva di restrizioni orarie. Tutti i modelli hanno portato a un calo di peso simile, con una perdita media di circa 1-2 chili. Solo il digiuno a giorni alterni si è distinto, favorendo una riduzione del peso di circa 1,6 kg in più rispetto alla dieta tradizionale, e di 1 kg in più rispetto ad altri tipi di digiuno. Ma quando si tratta di colesterolo, il digiuno intermittente non ha mostrato vantaggi particolari rispetto alla semplice riduzione calorica. “L’idea di individuare una strategia alimentare ideale e universale è riduzionista – si legge nell’editoriale che accompagna la pubblicazione -. È fondamentale invece puntare su percorsi personalizzati, che tengano conto della storia clinica, delle preferenze, del contesto sociale e della capacità della persona di mantenere le abitudini nel tempo”.

 

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