Contributi e Opinioni 14 Novembre 2017 14:23

Malattie infettive, Grasselli (Pres. FVM): «Il 75% ha origine animale»

Il 75% delle malattie infettive che hanno colpito gli esseri umani negli ultimi anni è di origine animale. Il dato, fornito da Aldo Grasselli, Presidente FVM (Federazione Veterinari e Medici), fa riferimento non soltanto alle patologie che passano da animale a persona per “contatto”, ma anche a quelle che si trasmettono per ingestione. Ma non basta: «Abbiamo sperimentato negli ultimi anni – spiega Grasselli ai nostri microfoni – che anche i cambiamenti climatici hanno molto influenzato la migrazione delle malattie». Molte forme di virus e batteri che erano legate soltanto al mondo animale «hanno così potuto contagiare anche l’essere umano attraverso vettori che 50 anni fa non potevano vivere in Italia. La tropicalizzazione e l’aumento delle temperature nel nostro Paese hanno però favorito l’arrivo e la presenza di questi vettori che trasmettono patologie come la Chikungunya, l’Ebola, la Malaria. Malattie, queste, che stanno tornando e che sono legate a vettori che si possono trovare negli animali selvatici o in quelli allevati, che diventano in questi casi dei veri e propri serbatoi di batteri e virus che possono infettare l’uomo».

Insomma, negli ultimi anni stiamo assistendo a dinamiche nuove, causate dal cambiamento climatico e da un mondo che «è diventato sempre più piccolo grazie alla globalizzazione», con conseguente «aumento esponenziale dei rischi». Per evitarli, in primo luogo bisogna «essere sicuri che gli animali che stanno intorno a noi siano sani» ed evitare determinati atteggiamenti che possono rendere rischiosa la convivenza con gli animali domestici, come «dormire nello stesso letto» o «usare le stesse stoviglie». Spostando l’attenzione poi verso la «proliferazione degli animali selvatici negli ambiti urbani o periferici delle città, troviamo sempre più frequentemente gabbiani nei pressi di secchi della spazzatura e cinghiali che entrano nelle città dalle parti più selvagge in cui vivono. Questa migrazione di animali comporta anche potenziali rischi che vanno affrontati con politiche di sanità pubblica e sicurezza per i consumatori. Per fare un esempio – spiega ancora il Presidente di FVM – ci sono alcuni animali, come il cinghiale, che sono oggetto di caccia e poi vengono consumati dai cacciatori stessi o entrano nei circuiti commerciali. In questo senso stiamo facendo un’operazione molto importante di collaborazione con i cacciatori per certificare tutte le carni di animali abbattuti in modo che i consumatori non corrano rischi perché la carne non ha avuto alcun controllo sanitario».

Altro problema da non sottovalutare, e in aumento negli ultimi anni, è quello relativo ai «rischi da intolleranze alimentari e da allergie da alimenti, causate dal fatto che consumiamo alimenti nuovi. C’è, ad esempio, una certa tendenza al crudismo: si mangiano molti pesci crudi che se da un punto di vista nutrizionale posseggono aspetti estremamente positivi, dal punto di vista del rischio sanitario possono portare problemi ai consumatori, per cui c’è bisogno di un’attività di controllo anche in queste produzioni alimentari». Anche perché il problema non riguarda solo le conseguenze sulla salute, ma anche quelle sull’economia di un Paese: «Tossinfezioni e intossicazioni – spiega ancora il Presidente Grasselli – sono causa di tantissime giornate di lavoro perse, e quindi hanno un costo economico e sociale importante. Impedire che i consumatori soffrano di problematiche del genere consentirebbe anche all’economia del nostro Paese di essere più forte. Poi esiste il problema della garanzia sanitaria che il nostro Paese deve offrire negli scambi internazionali dei nostri prodotti. Una certificazione delle nostre filiere di produzione da parte dei servizi veterinari è essenziale affinché i nostri prodotti riescano a raggiungere i mercati emergenti come Brasile, Cina o Stati Uniti. In questi posti la qualità dei nostri prodotti alimentari è molto richiesta, e ciò aiuta la nostra bilancia import-export e il nostro Pil. Senza una certificazione sanitaria di condizione di salute pubblica e animale di alto livello, però, noi non potremmo esportare questi prodotti, per cui una buona prevenzione ha una valenza non solo sanitaria ma profondamente importante anche sul piano economico».

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