Sono passati cinquant’anni dalla legge 405 del 29 luglio 1975 che ha istituito i consultori familiari: presìdi nati per offrire servizi sanitari e psicosociali a donne, coppie e famiglie. Frutto dei movimenti femminili e femministi, i consultori hanno rappresentato una conquista civile e sociale, garantendo accesso alla contraccezione, alla salute riproduttiva e alla prevenzione. Oggi, però, la rete consultoriale è incompleta: delle 2.900 strutture previste in Italia ne sono attive poco più di 1.200. Un quadro che preoccupa la presidente della FNOPO, Silvia Vaccari, che richiama l’attenzione sulla figura dell’ostetrica come professionista chiave nella sanità territoriale, capace di affiancare la donna in ogni fase della vita.
I consultori non sono solo luoghi di cura, ma spazi di ascolto, accoglienza e orientamento. In questo contesto, l’ostetrica è una figura centrale, capace di accompagnare le donne dall’adolescenza alla menopausa: educazione sessuale, contraccezione, vaccinazioni, prevenzione oncologica, gravidanza, puerperio, salute pelvica. “È una presenza costante – afferma Vaccari – in grado di creare una relazione di fiducia. Non solo in ambulatorio, ma anche a domicilio, con interventi di home visiting per l’allattamento, la genitorialità e il riconoscimento di situazioni di disagio come la depressione post-partum”.
Nonostante il valore del modello consultoriale, il sistema soffre per la carenza di personale – soprattutto ostetriche, ginecologi, psicologi e assistenti sociali – e per la forte disomogeneità tra le regioni. Oggi c’è un consultorio ogni 32mila abitanti, invece di uno ogni 20mila come previsto dalla legge. Alla luce del DM77 sulle cure territoriali e del ruolo crescente delle Case della Comunità, è urgente ripensare il consultorio, adattandolo ai cambiamenti sociali e culturali. Serve una rete più flessibile, capillare, inclusiva.
Le ostetriche propongono un modello rinnovato, capace di incontrare le persone dove vivono e secondo i loro ritmi:
Il tempo è una delle maggiori criticità segnalate dalle ostetriche: “La relazione è al centro, ma spesso viene sacrificata. Prendersi cura è bellissimo, ma la mancanza di tempo pesa. Mi danno soddisfazione le donne, i bambini che nascono, quando qualcuno ti cerca per farsi seguire di nuovo. Ma butterei via la fretta e i problemi informatici”, raccontano le ostetriche. L’unicità della persona dovrebbe guidare ogni intervento. La prestazione può essere standard, la persona no.
A cinquant’anni dalla nascita dei consultori, è tempo di rilanciarne il valore. Per Vaccari è essenziale “rafforzare la presenza ostetrica, valorizzandone il ruolo clinico, educativo e preventivo. Solo così si potrà costruire una sanità pubblica territoriale realmente orientata alla prevenzione e alla prossimità”. Il consultorio che vorremmo è “accogliente, flessibile, inclusivo, capace di costruire alleanze tra professionisti e comunità. Un luogo che ascolta, accompagna e risponde alle sfide della contemporaneità”, concludono le ostetriche.
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