Un piatto di pasta potrebbe diventare un ottimo alleato nella lotta al colesterolo non-HDL, quello comunemente definito “cattivo”, e nelle alterazioni metaboliche associate all’uso di farmaci psichiatrici o a fattori genetici. Ma attenzione, per ottenere gli effetti desiderati non basterà acquistare una comune pasta al supermercato, sarà necessario seguire la ricetta messa a punto dai ricercatori dell’Università Aldo Moro di Bari. Gli studiosi italiani hanno sperimentato gli effetti di questa pasta speciale su 300 persone, pubblicando gli esiti della ricerca sulla rivista European Psychiatry. L’analisi, coordinata dal professor Antonio Rampino, docente del dipartimento di Biomedicina traslazionale e neuroscienze, è durata tre mesi.
Gli esiti sono piuttosto incoraggianti: chi ha consumato quotidianamente la pasta sperimentale ha mostrato una significativa riduzione del colesterolo non-HDL nel sangue, suggerendo un effetto protettivo concreto. Ma lo studio non si è fermato al solo trial clinico. Attraverso esperimenti in vitro condotti su cellule epatiche, il team del professor Piero Portincasa, del dipartimento di Medicina di precisione e rigenerativa e Area Jonica, ha evidenziato come l’estratto della miscela utilizzata nella pasta riduca la quantità e la dimensione delle gocciole lipidiche accumulate nelle cellule del fegato. Queste gocciole sono la diretta conseguenza dell’esposizione ad alcuni farmaci psichiatrici, spesso associati a disturbi metabolici.
Lo studio ha ricevuto il supporto finanziario del Ministero dello Sviluppo Economico tramite il progetto Sinma (Sindrome metabolica blockchain agrifood), che mira a coniugare innovazione tecnologica e sviluppo sostenibile nel settore agroalimentare, promuovendo prodotti che possano migliorare la salute pubblica. Il potenziale di questa pasta “speciale” è dunque doppio: non solo un alimento quotidiano ma anche uno strumento nutraceutico in grado di contrastare alterazioni metaboliche spesso difficili da gestire, soprattutto in popolazioni vulnerabili come i pazienti in trattamento con farmaci psichiatrici. Tra l’altro, tale collaborazione ha consentito di istituire presso l’Unità Operativa Complessa di Psichiatria Universitaria del Policlinico di Bari un Day Service, il cui responsabile è il prof. Rampino, che adesso si occupa della diagnosi e della cura dei dismetabolismi indotti da farmaci psicotropi, servizio nel quale convergono competenze che sono quelle di psichiatri, internisti, dietisti biologi, nello sforzo comune di identificare trattamenti individualizzati per queste complesse condizioni.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato