Salute 8 Febbraio 2024 14:08

Bronchiolite, primo protocollo sulla gestione dei casi gravi tra i neonati in terapia intensiva

Lo studio, pubblicato su The Lancet eClinical Medicine, si è rivelato un punto di svolta nel controllo efficace di un problema che porta alla morte centinaia di migliaia di bambini ogni anno
di I.F.
Bronchiolite, primo protocollo sulla gestione dei casi gravi tra i neonati in terapia intensiva

Sviluppato il primo protocollo al mondo per la gestione dei neonati affetti da bronchiolite e ricoverati nei reparti di terapia intensiva. Lo studio, pubblicato su The Lancet eClinical Medicine, si è rivelato un punto di svolta nel controllo efficace di un problema che porta alla morte centinaia di migliaia di bambini ogni anno. La bronchiolite è una temibile infezione respiratoria che aggredisce soprattutto i bambini molto piccoli e i neonati. Nei casi più gravi, può essere letale, in quanto può arrivare a causare un’insufficienza respiratoria molto critica. Provocata soprattutto dall’RSV (Virus Respiratorio Sinciziale), è una patologia stagionale estremamente infettiva che, sia in Europa che in Nord America – complici il freddo e la contagiosità negli asili nido – determina parecchi ricoveri nei reparti pediatrici e neonatali di terapia intensiva (UTI). Nonostante l’aggressività e pericolosità di questa condizione, la letteratura scientifica esistente si basa prevalentemente su protocolli studiati su pazienti ricoverati in reparti di pediatria generale: questo non aiuta ad affrontare le emergenze dovute alle epidemie e ai casi più gravi da ospedalizzazione in terapia intensiva. Alla luce di ciò, si è rivelato cruciale il lavoro promosso da Daniele De Luca, professore ordinario di Neonatologia all’Università Paris Saclay, insieme ad altri ricercatori ed esperti di varie università italiane e francesi, tra cui la professoressa Gualano, con l’importante ruolo di coordinator e seniorship organizzativa ed esecutiva.

Il primo protocollo per la gestione dei casi più critici

Gli obiettivi di queste linee guida sono: preparare i team ospedalieri a riconoscere i casi più seri da veicolare nei reparti di emergenza, individuare i criteri che possano diagnosticare vari livelli di gravità del paziente pediatrico, gestire l’assistito tramite diverse e appropriate modalità di nutrizione, idratazione, supplementazione, nonché terapia farmacologica, cercando di evitare di intubare i piccoli pazienti, ed implementando invece modalità di assistenza respiratoria non-invasiva avanzata, assicurare il miglior controllo della diffusione del virus grazie ad appropriati dispositivi di protezione individuale, forme di isolamento di sicurezza, filtri e tecniche apposite. Il tutto al fine di evitare il collasso degli UTI e di proteggere i neonati che si trovano in situazioni più delicate (molto piccoli, con un sistema immunitario più debole e/o in condizioni di comorbilità preesistenti).

Un lavoro atteso dalla comunità scientifica

Questo lavoro era atteso dalla comunità scientifica, vista l’urgenza di mettere a punto una strategia per affrontare una situazione tanto complessa e delicata, stante anche il quadro epidemiologico della bronchiolite, piuttosto preoccupante in Italia ed Europa. “Il protocollo proposto dal nostro studio diventa cruciale per la gestione dei piccoli pazienti che presentano fragilità e diventano casi più severi e complessi da gestire – commenta Maria Rosaria Gualano, professoressa associata di Igiene presso l’Università Medica Internazionale UniCamillus (UniCamillus è coordinator e seniorship dello studio). Coniugando la ricerca basata sui migliori studi di riferimento con i dati della nostra realtà quotidiana, siamo stati in grado di raggiungere questo importante traguardo, per cui ci aspettiamo ottimi risultati dalle applicazioni in tutti i contesti di questo tipo, sia dal punto di vista del miglioramento degli outcome clinici, sia da quello economico, visto il buon livello di costo-efficacia di questo approccio”.
Allo studio, oltre all’Università “Paris Saclay” di Parigi e all’Università “UniCamillus” di Roma, hanno partecipato anche le Unità Pediatriche di Terapia Intensiva del “Bambino Gesù” di Roma e dell’Ospedale Universitario di Padova, nonché la Fondazione Policlinico “Gemelli” di Roma e il Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership dell’Università “Cattolica del Sacro Cuore” di Roma.

 

 

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