Approvato il piano nazionale di contrasto all’influenza aviaria: coinvolti filiera avicola, Regioni e Ministeri. Dal 2026 partirà la vaccinazione di tacchini e galline ovaiole in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna
L’Italia adotta una nuova strategia di contrasto all’influenza aviaria. È arrivata l’approvazione definitiva – e unanime – del piano nazionale al tavolo riunito presso il Ministero dell’Agricoltura, con la partecipazione delle associazioni del settore avicolo, delle Regioni, del direttore generale della Salute Animale del Ministero della Salute, Giovanni Filippini, e del sottosegretario al Masaf, Patrizio La Pietra. L’obiettivo è chiaro: smettere di intervenire quando il danno è già fatto e puntare invece su una prevenzione strutturata, soprattutto nelle aree più vulnerabili.
Vaccinazioni al via dalla primavera 2026
Per la prima volta il piano introduce la vaccinazione preventiva di tacchini e galline ovaiole nelle zone considerate più a rischio: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Secondo Patrizio La Pietra, il cambio di paradigma è indispensabile per ridurre la circolazione del virus nelle aree interessate dai movimenti degli uccelli migratori, principali vettori naturali dell’H5. I prossimi mesi serviranno per definire gli aspetti tecnici delle campagne vaccinali, mentre un tavolo dedicato, previsto prima di Natale, stabilirà le procedure operative.
Biosicurezza rafforzata e sostegni agli allevatori
Accanto alla vaccinazione, il piano prevede due ulteriori linee d’azione. La prima riguarda il potenziamento delle misure di biosicurezza negli allevamenti, con interventi mirati a impedire l’ingresso del virus dall’ambiente esterno. La seconda introduce un sistema di compensazioni economiche per gli allevatori che dovranno ridurre il numero di animali nelle aree ad altissima vulnerabilità, in particolare quelle vicine alle zone umide attraversate dall’avifauna migratoria. Una scelta che punta a contenere il rischio epidemiologico sostenendo al contempo il reddito delle aziende.
Crescono i casi negli uccelli selvatici, ma il rischio per l’uomo resta basso
Il contesto europeo conferma la necessità di azioni tempestive. L’ultimo rapporto dell’Efsa segnala che tra il 6 settembre e il 14 novembre 2025 sono stati registrati 1.443 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5) negli uccelli selvatici in 26 Paesi europei: quattro volte in più rispetto allo stesso periodo del 2024, e il valore più elevato almeno dal 2016. Nonostante l’incremento, gli esperti precisano che l’allerta sanitaria non è stata innalzata: finora non è stata osservata alcuna trasmissione sostenuta da uomo a uomo, elemento che separa nettamente la zoonosi da un rischio pandemico.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato