Salute 4 Novembre 2025 14:13

Alzheimer, camminare (anche poco) lo rallenta

Una recente ricerca suggerisce che aumentare anche modestamente il numero dei passi quotidiani può fare la differenza nel ritardare il declino cognitivo, persino nelle persone già ad alto rischio di Alzheimer

di Isabella Faggiano
Alzheimer, camminare (anche poco) lo rallenta

Camminare, anche muovendo solo pochi passi ogni giorno, può davvero cambiare il destino del nostro cervello. Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine dai ricercatori del Mass General Brigham, anche un aumento modesto dell’attività fisica – da 3mila a 7.500 passi quotidiani – è associato a un rallentamento significativo del declino cognitivo nelle persone ad alto rischio di Alzheimer. Gli autori hanno analizzato i dati di 296 partecipanti cognitivamente normali, di età compresa fra 50 e 90 anni, coinvolti nello Harvard Aging Brain Study. All’inizio, erano misurati nei loro cervelli i livelli di beta-amiloide (una proteina implicata nell’Alzheimer) mediante PET, e l’attività fisica veniva valutata in modo oggettivo tramite contapassi da cintura o dispositivo simile. I ricercatori hanno poi seguito annualmente le funzioni cognitive dei partecipanti per un periodo medio di 9,3 anni.

I dati più sorprendenti

Le persone che camminavano tra 3mila e 5mila passi al giorno hanno mostrato un rallentamento del declino cognitivo di circa tre anni rispetto ai sedentari. Chi camminava tra 5mila e 7.500 passi al giorno ha beneficiato di un rallentamento pari a circa sette anni. L’effetto non è apparso legato a un rallentamento nell’accumulo di amiloide, bensì a una maggiore lentezza nell’accumulo della proteina tau, considerata un fattore più diretto del danno neuronale e del declino cognitivo. Interessante notare come il beneficio sembrasse “stabilizzarsi” oltre la soglia dei 7.500 passi, suggerendo che non servono obiettivi estremi per ottenere un effetto protettivo.

Perché questi risultati sono importanti

In molti studi osservazionali l’attività fisica è misurata tramite auto-dichiarazione, con margini di errore. In questo caso, i ricercatori hanno usato contapassi oggettivi e hanno integrato i dati di imaging cerebrale con valutazioni cognitive longitudinali. Il risultato è una fotografia precisa: l’attività fisica non riduce i livelli di amiloide, ma sembra rallentare l’accumulo della tau, con effetti positivi sulle funzioni cognitive anche in chi presenta già segni biologici di rischio. Tuttavia, è necessario sottolineare che si tratta di uno studio osservazionale, dunque non consente di affermare un rapporto di causa-effetto. Inoltre, l’attività fisica è stata misurata solo all’inizio e il campione era costituito da persone senza disturbi cognitivi, quindi i risultati non sono automaticamente estendibili a chi ha già una diagnosi di demenza.



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