Salute 16 Novembre 2021 10:02

Biosicurezza e nuove pandemie, cosa ci attende e come farsi trovare preparati

Al IV Congresso nazionale sulla biosicurezza gli esperti hanno analizzato e individuato gli ambiti di intervento per prevenire nuove pandemie

di Federica Bosco
Biosicurezza e nuove pandemie, cosa ci attende e come farsi trovare preparati

Migliorare aspetti clinici e strategie organizzative di fronte ad un fatto pandemico o in caso di eventuali attacchi bioterroristici è stato il focus del quarto Congresso nazionale sulla biosicurezza che si è tenuto lo scorso 15 novembre in modalità webinar. Organizzato da Simedet (Società italiana di medicina diagnostica e terapeutica) e dal Centro di Formazione della Usl Umbria con il patrocinio del Ministero della Salute e del Comune di Assisi, l’appuntamento ha visto la partecipazione dei massimi esperti che si sono interrogati e confrontati sulla recente pandemia e sulle strategie da adottare per affrontare possibili pericoli futuri.

Biosicurezza, cosa ha insegnato il Covid?

L’infezione da Sars-Cov-2 è stato il punto di partenza per comprendere le criticità del sistema Italia e i correttivi da apportare. A questo proposito Massimo D’Angelo, direttore sanitario e commissario Covid per la regione Umbria, ha introdotto il tema: «Siamo passati da una ipotetica emergenza terrorismo ad una pandemia sanitaria internazionale da gestire, un cambio di passo che ha evidenziato la necessità di avere una strategia organizzativa e una integrazione tra gli enti sul territorio».

Due aspetti che non sempre sono stati rispettati, come ha ribadito in apertura Guido Rasi. Per l’ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco, oggi consulente del commissario Figliuolo e direttore scientifico di Consulcesi, «in Italia il Covid ha evidenziato alcune lacune: la prima nella mancanza di un coordinamento centrale e nella raccolta dei dati – ha spiegato –. Infatti, nonostante fossimo il primo paese fortemente colpito dalla pandemia, l’uso clinico dei dati è sempre arrivato dall’estero e soprattutto è mancato un coordinamento tra regioni, Stato ed Europa. Una criticità che ha avuto ripercussioni anche nella gestione strategica delle scorte come accaduto con la crisi di anestetici che nella prima fase della pandemia ha messo in crisi il sistema. Quando Ema ha individuato come reperire le scorte, è subentrato un blocco alla frontiera che ha rallentato le consegne. Questo denota una falla nella catena di comando che dovrebbe essere invece coordinata, efficiente ed immediata». Il secondo correttivo da apporre al sistema Italia alla luce della recente emergenza Covid riguarda il layout degli ospedali che secondo Rasi in ottica futura deve essere rivisto.

Rasi: «Puntare sulla formazione per gestire le emergenze future»

«Davanti a noi ci sono due scenari – ha rimarcato –. Il virus diventa endemico e quindi sarà necessario prevedere di inserirlo nel quotidiano, oppure sparisce ed in tal caso dovremmo essere bravi a mantenere vivo il pensiero strategico per essere pronti ad affrontare eventuali altre pandemie e preparati a vari scenari possibili, diversi dal Covid. Per questo è importante puntare sulla formazione dell’emergenza che deve essere continua e costante e interessare tutte le professioni sanitarie».

Sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso Francesco Borgognoni, direttore del Dipartimento Emergenza Accettazione dell’Usl Umbria 1 e del 118 Umbria, secondo cui formazione e organizzazione vanno di pari passo: «È importante che gli operatori che lavorano nel campo della medicina di emergenza-urgenza siano in grado di avere tutti gli elementi necessari per rispondere in maniera eccellente ad un evento pandemico o ad un attacco biochimico».

Per Ulrico Angeloni della direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute «sono stati commessi degli errori nella gestione dell’evento pandemico perché in Italia il sistema è diviso in difesa civile e protezione civile con compiti diversi. La prima si occupa di eventi pandemici, la seconda di sussidiarietà, di assistenza. Per l’emergenza Covid è stata scelta come unità di riferimento la protezione civile, mentre invece avrebbe dovuto essere la difesa civile. Questo sistema va rivisto – ha rimarcato -. La competenza medica da sola non basta, occorre una formazione specifica di tutti gli enti, una rete funzionale e un piano pandemico rielaborato: prendere informazioni da altre nazioni, avere focal point in grado di allertare quando il sistema non funziona e protocolli di intervento con un piano per il trattamento dei soggetti esposti e dell’ambiente contaminato».

La strategia del martello e della danza

Se la pandemia da Covid ha messo in luce alcune lacune nella gestione dell’emergenza, è altrettanto vero che dopo il primo impatto traumatico l’Italia ha saputo essere molto più efficiente di altri paesi. «Alcuni interventi del Ministero della Salute sono stati determinanti – ha spiegato Flavia Riccardo, ricercatrice dell’Istituto superiore della Sanità -. Una volta individuato il primo caso e compreso che il virus stava circolando in alcune regioni, si è scelto di estendere comunque le misure restrittive a tutto il territorio nazionale. Questo ha permesso di contenere i contagi e riportare il tasso RT sotto la soglia di 1. Si è attuata la strategia del martello e della danza, ovvero con il primo si è abbattuto il virus, mentre con la seconda si sono introdotte e tolte le restrizioni quando necessario. Dal mese di novembre 2020 poi sono state disegnate le zone con un sistema efficace e sostenibile del rischio».

La gestione del rischio infettivo con i nuclei NBCR e il futuro

«Si deve altresì evidenziare la forza del nostro sistema sanitario che, seppur messo a dura prova in questi ultimi due anni, ha dimostrato una grande capacità di resilienza – ha aggiunto Manuel Monti, medico con alle spalle numerose missioni umanitarie nei paesi africani e del Medio Oriente -. In Italia siamo all’avanguardia per la gestione del rischio infettivo e possediamo una struttura composta da numerose unità NBCR (Nucleare biologico chimico e radiologico) con device per scoprire e delimitare in tempi utili infezioni batteriche e non solo».

Per il futuro sarà fondamentale dunque giocare d’anticipo sul possibile sviluppo di nuove pandemie. «Perché ciò accada sarà importante studiare e tenere sotto costante controllo l’ambiente – ha puntualizzato Leonardo Borgese, docente all’Università La Sapienza di Roma -. Già nel 2018 si ipotizzava la possibilità di una nuova pandemia respiratoria che puntualmente si è verificata pochi mesi dopo con il Covid, perciò per prevedere l’insorgenza di nuove forme pandemiche è importante tenere sotto costante controllo le variazioni climatiche come il surriscaldamento globale, le modifiche de territorio e la globalizzazione».

 

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