Lavoro 1 Febbraio 2021 19:35

I medici degli Ospedali religiosi classificati dimenticati dalla Finanziaria

La Legge di Bilancio recentemente approvata prevede l’incremento del 27% dell’indennità di esclusività a favore dei Dirigenti Medici dipendenti Pubblici. Tra gli aventi diritto risulterebbero anche quelli degli Ospedali Religiosi Classificati, eppure per loro non c’è neanche il rinnovo del contratto collettivo, atteso da ben 10 anni. La lettera aperta al ministro Speranza

I medici degli Ospedali religiosi classificati dimenticati dalla Finanziaria

Da mesi, l’intero personale medico-sanitario nazionale è impegnato in prima linea per fronteggiare l’emergenza Covid-19 e tra loro ci sono anche i medici dipendenti degli Ospedali Religiosi Classificati a mettere a rischio la propria vita e l’incolumità dei propri familiari, con un enorme sforzo di energie e uno straordinario spirito di sacrificio.

Quello del personale medico-sanitario è «un sacrificio degno di gratitudine e riconoscenza» che, si legge in un comunicato, a completamento del recente rinnovo del Contratto Collettivo per la Dirigenza Medica per la Sanità Pubblica, la legge finanziaria approvata lo scorso dicembre ha voluto riconoscere prevedendo l’incremento del 27% dell’indennità di esclusività a favore dei dirigenti medici dipendenti Pubblici (art. 1, comma 407 – Legge 30 dicembre 2020, n.178).

Anche i dirigenti medici dipendenti degli Ospedali Religiosi Classificati appartengono a pieno titolo e diritto a tali Dirigenti presso le strutture del Servizio sanitario nazionale valorizzati dalla norma, eppure «sono in molti, tra loro, a sentirsi ingiustamente messi in ultima posizione e poco considerati dalle Istituzioni, situazione ancora più accentuata proprio a seguito delle legge di bilancio recentemente approvata». A parlare è il segretario nazionale del Sindacato dei dirigenti medici dipendenti degli Ospedali Religiosi Classificati, il dottor Donato Menichella e l’occasione è la lettera aperta inviata questa mattina al ministro della Salute Roberto Speranza.

Da 10 anni in attesa del contratto collettivo

«È molto grave, infatti, che di tutto il personale sanitario italiano, pubblico o privato, i dirigenti medici degli Ospedali Religiosi Classificati siano gli unici ai quali non sia stato ancora rinnovato, da oltre 10 anni, il Contratto Collettivo – continua Menichella – e sono anche gli unici che non hanno ricevuto dallo Stato un finanziamento per il rinnovo del Contratto».

Da tempo si succedo incontri per trovare un’intesa su tale rinnovo direttamente con l’associazione datoriale degli Ospedali Religiosi, l’Aris. Tuttavia, nonostante quest’ultima «continui a manifestare la volontà di addivenire a un’intesa che consenta la perfetta equiparazione del trattamento economico dei dirigenti medici degli Ospedali Religiosi a quello dei loro colleghi degli Ospedali Pubblici – prosegue Manichella nella lettera aperta al ministro -. L’Aris ha più volte sottolineato che senza un finanziamento, totale o parziale, da parte dello Stato e delle Regioni per gli oneri finanziari connessi con detto rinnovo, anche a causa delle difficoltà economiche in cui versano gli Ospedali Religiosi, il raggiungimento di una intesa diventa molto difficile».

L’appello al ministro

«Per lunghissimo tempo, a fianco alla perfetta equiparazione giuridica tra medici pubblici e medici degli Ospedali Religiosi, c’è sempre stata una sostanziale equivalenza tra loro anche nel trattamento economico complessivamente ricevuto mentre oggi, purtroppo, di mese in mese, vediamo ampliarsi la forbice tra i due gruppi in termini economici» continua il segretario nazionale.

Il Sindacato è ovviamente consapevole del difficilissimo momento politico e dei grandi cambiamenti in corso proprio in queste ore in sede di Governo. Tuttavia, «la questione è da troppo tempo sospesa e riteniamo ormai necessario quanto urgente e inevitabile un intervento da parte delle istituzioni affinché il finanziamento dell’incremento dell’esclusività previsto dalla legge di bilancio si estenda ai medici della nostra ospedalità, in osservanza al principio dell’equiparazione di diritti e doveri sancito più volte dalle leggi che regolano il Servizio sanitario nazionale» conclude Menichella.

 

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