In occasione della Giornata Nazionale del Parkinson del 29 novembre, uno studio fa luce sul meccanismo alla base de Parkinson, identificando nella neuroinfiammazione cronica un fattore determinante
In occasione della Giornata Nazionale del Parkinson, in programma il 29 novembre, uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Nuclear Medicine, fa luce sul meccanismo alla base della malattia di Parkinson, identificando nella neuroinfiammazione cronica un fattore determinante per la progressione dei sintomi. Grazie all’uso di un tracciante PET innovativo e di ultima generazione, gli scienziati hanno potuto osservare una marcata attivazione della microglia – le cellule immunitarie del cervello – in aree cerebrali specifiche dei pazienti. Questa attivazione conferma l’esistenza di una risposta infiammatoria costantemente attiva, strettamente associata al peggioramento dei sintomi motori e cognitivi.
L’alfa-sinucleina accende la neuroinfiammazione
“È stato utilizzato il tracciante [11C]SMW139, che si lega al recettore P2X7, un marcatore specifico della microglia proinfiammatoria”, spiega Salvatore Cuzzocrea, ordinario di Farmacologia presso il Dipartimento CHIBIOFARM dell’Università degli Studi di Messina. “Al centro di questo processo neuroinfiammatorio e disfunzionale c’è l’alfa-sinucleina, una proteina che, se non degradata correttamente, si accumula formando aggregati tossici, chiamati corpi di Lewy. Questi aggregati – continua – stimolano il fenotipo proinfiammatorio della microglia, creando un circolo vizioso che alimenta la neurodegenerazione”.
Allo studio molecole in grado di contrastare la neuroinfiammazione
La comprensione di questi meccanismi aiuta a spiegare non solo i sintomi motori del Parkinson, ma anche quelli non motori – come affaticamento, depressione, dolore neuropatico e disturbi del sonno – che possono precedere di anni i tipici sintomi motori della malattia come tremore, rigidità muscolare e bradicinesia. “Oggi lavoriamo su molecole capaci di prevenire l’accumulo di alfa-sinucleina, modulare la risposta neuroinfiammatoria e proteggere i mitocondri, le centrali energetiche delle cellule”, dichiara Cuzzocrea. “In tal senso sono ormai numerose le ricerche del mio gruppo che attestano come una sostanza già prodotta dal nostro organismo (Palmitoiletanolamide – PEA -) somministrata in forma biodisponibile (ultra-micronizzata) da sola o in combinazione con specifici antiossidanti come la quercetina, sia in grado di controllare la neuroinfiammazione prevenendo l’accumulo di alfa-sinucleina”. Intervenire precocemente su questi meccanismi potrebbe rappresentare una strategia promettente per rallentare la progressione della malattia e migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti.