Più di 1 italiano su 4 soffre di colesterolo alto, fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, tra le principali cause di morte nei Paesi occidentali. Ma contrastarlo è semplice. Bastano infatti piccoli cambiamenti nella propria quotidianità per abbassare il colesterolo. A confermarlo, uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism in cui i ricercatori della Mayo Clinic, negli Stati Uniti, riferiscono che per ogni chilo perso, si riduce il colesterolo di 1,28 mg/dL. È da questa consapevolezza che nasce la campagna di informazione contro il colesterolo: “E tu, hai a cuore il tuo cuore?”, promossa dalla Fondazione Cuore e Circolazione “Il Cuore Siamo Noi” della Società Italiana di Cardiologia (SIC), annunciata in occasione della Giornata mondiale del cuore, e che verrà presentata il 2 ottobre al Senato.
“Le malattie cardiovascolari rappresentano tuttora la causa principale di riduzione dell’aspettativa di vita ed è necessaria l’attuazione di politiche di prevenzione intese come investimento e non solo come costo”, dichiara la Senatrice Clotilde Minasi, Commissione Affari sociali e Sanità. “Lo spot TV andrà in onda sulle reti RAI e Mediaset dal prossimo autunno, per promuovere su scala nazionale il messaggio della prevenzione del colesterolo come pilastro della tutela della salute cardiovascolare”, afferma Francesco Barillà, presidente della Fondazione Cuore e Circolazione “Il Cuore Siamo Noi” della Società Italiana di Cardiologia. “Per ridurre il rischio di infarto e ictus, è importante mantenere bassi i livelli di colesterolo LDL. Vanno bene attenzionati i valori di normalità – precisa -, sui responsi dei laboratori di analisi in quanto, essendo basati su valori medi della popolazione in generale, non possono e non debbono essere considerati come valori di normalità per coloro che avendo già avuto un infarto, sono ad altissimo rischio di altri eventi e pertanto, i valori di LDL devono stare al di sotto dei 55 mg/dL”.
Però, secondo i dati dell’Osservatorio Passi dell’Istituto Superiore di Sanità, solo il 18% delle persone sa però di avere il colesterolo alto, evidenziando una limitata consapevolezza del problema, mentre quasi 1 italiano su 2 non ritiene che il colesterolo LDL, quello “cattivo”, sia dannoso per la salute e 1 italiano su 3 è convinto che il rischio di mortalità legato all’ipercolesterolemia debba preoccupare solo chi ha problemi cardiaci “pregressi”. “L’ipercolesterolemia – sottolinea Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC – deve essere invece considerata proprio il fattore di rischio principale alla base delle malattie che interessano il cuore e il sistema cardiocircolatorio. Un’indagine condotta a livello globale da ricercatori italiani e pubblicata su Nature Reviews Cardiology, ha riscontrato che, il colesterolo alto ha comportato disabilità in oltre 98 milioni di individui e ha provocato 4,4 milioni di decessi, con un enorme carico sanitario”.
La ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism ha valutato l’associazione tra perdita di peso e variazioni del profilo lipidico, colesterolo totale, LDL, HDL e trigliceridi, in adulti sovrappeso od obesi. Gli autori hanno analizzato 73 studi clinici per un totale di 32.496 partecipanti, con età media di 48 anni e peso medio di 101,6 kg. “I risultati – commenta Barillà – hanno mostrato una relazione proporzionale tra perdita di peso e miglioramento del profilo lipidico. In particolare, dopo 12 mesi di interventi sullo stile di vita, ogni chilogrammo perso era associato a una riduzione media di 4 mg/dL dei trigliceridi, 1,28 mg/dL del colesterolo LDL e a un incremento di 0,46 mg/dL del colesterolo HDL, quello ‘buono’. I ricercatori della Mayo Clinic hanno quindi mostrato come scendere anche solo di un chilo, già aiuti a ridurre i livelli di colesterolo. Perdere peso per proteggere il cuore è dunque la parola d’ordine su cui puntare”.
Un aiuto alla lotta al colesterolo arriva anche dalle nuove linee guida per la gestione e il trattamento delle dislipidemie, prodotte dall’impegno congiunto della European Society of Cardiology (ESC) e la European Atherosclerosis Society (EAS). Presentate al congresso ESC 2025, le nuove indicazioni vanno ad aggiornare quelle del 2019 rivoluzionando il modo in cui si misura il colesterolo. Quello totale non viene infatti più considerato un parametro utile per la valutazione del rischio cardiovascolare. “Già da tempo era sempre maggiore la consapevolezza di dover considerare il colesterolo nelle sue singole componenti – puntualizza Gianfranco Sinagra, presidente eletto della SIC – e non più come un parametro unico. Ora le indicazioni ESC rendono prassi questa consapevolezza e le nuove carte per misurare il rischio cardiovascolare, SCORE2 e SCORE2-OP, non si basano più sul colesterolo totale, ma sul colesterolo ‘cattivo’ e la Lipoproteina(a) come indicatori più accurati del rischio di eventi cardiovascolari”.
“Pertanto il colesterolo totale perde di fatto ogni rilevanza clinica: potrà continuare a essere riportato negli esami di laboratorio, ma non ha più alcuna utilità né per stratificare il rischio né per guidare le decisioni terapeutiche”, dichiara Sinagra. “Rimane invece centrale, il livello dell’LDL, riconosciuto come causa diretta di aterosclerosi e quindi principale bersaglio terapeutico“, aggiunge. Esce quindi dalle linee guida il colesterolo totale ed entra invece la lipoproteina(a) – Lp(a)-, un tipo particolare di particella lipidica simile al colesterolo LDL, ma molto più pericolosa e per questo denominata anche colesterolo “super cattivo”. “La caratteristica che la distingue è la presenza di una ‘coda’ proteica, l’Apolipotroteina (a), codificata dal gene LPA, che rende le molecole più aterogene di molte altre particelle e il sangue più ‘appiccicoso’, aumentando il rischio di trombi e aterosclerosi”, spiega Ciro Indolfi, presidente della Federazione Italiana di Cardiologia.
“Le indicazioni ESC raccomandano che la Lp(a) venga misurata almeno una volta nella vita in ogni adulto, idealmente in occasione del primo profilo lipidico, l’esame che misura la concentrazione di diversi grassi nel sangue, o, se questo è già stato effettuato, al successivo”, sottolinea Indolfi. “Valori superiori a 50 mg/dL (≥105 nmol/L) devono essere considerati – prosegue – un importante modificatore di rischio, capace di spostare un individuo in una categoria di rischio cardiovascolare più elevata. Nei pazienti con livelli elevati di Lp(a) è indicata una gestione più intensiva dei fattori di rischio tradizionali, con particolare attenzione a tenere basso l’LDL. Sono inoltre in fase avanzata di studio nuovi farmaci specifici in grado di ridurre i livelli di Lp(a) fino al 98%, anche se non sono ancora disponibili per l’uso clinico”.
“Le nuove linee guida – sottolinea Perrone Filardi – raccomandano di rapportare i valori soglia di colesterolo LDL ai livelli di rischio di ciascun paziente, sottolineano però anche il valore di ottimizzare lo stile di vita prima di qualsiasi intervento farmacologico, cioè di evitare di medicalizzare un problema che potrebbe essere affrontato in prima battuta, in pazienti che non hanno avuto un infarto miocardico, applicando quelle ‘dieci mosse vincenti utili per la protezione cardiovascolare‘. Se un paziente riesce a raggiungere i target di LDL attraverso alimentazione equilibrata, attività fisica e altri cambiamenti nel suo stile di vita, questo è l’esito migliore”.
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