Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica che colpisce soprattutto bambini e giovani adulti e che, nonostante i progressi scientifici, continua a rappresentare una sfida globale. Secondo le nuove stime presentate al congresso annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (Easd) e pubblicate su The Lancet Diabetes & Endocrinology, nel 2025 saranno 9,5 milioni le persone che vivono con questa condizione, il 13 per cento in più rispetto al 2021. Le proiezioni indicano che il numero salirà a 14,7 milioni entro il 2040.
Lo studio, basato sull’analisi del T1D Index e dell’International Diabetes Federation Atlas, ha combinato modelli matematici e dati provenienti da 202 Paesi. Ne emerge che, nel 2025, un milione di persone con diabete di tipo 1 avrà meno di 14 anni e 800mila saranno adolescenti tra i 15 e i 19 anni. Nello stesso anno sono attesi oltre 513mila nuovi casi, di cui 164 mila in bambini e 58mila in adolescenti. L’incidenza è in aumento del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente, segnale che la curva continua a crescere.
Il quadro appare ancora più critico nei contesti a basso reddito. In queste aree, i casi prevalenti sono aumentati del 20 per cento rispetto al 2021, passando da 1,8 a 2,1 milioni nel 2025. È anche qui che si registra la più alta percentuale di decessi prematuri: in tutto il mondo saranno 174 mila le persone che moriranno di diabete di tipo 1 nel 2025, e il 17 per cento di questi decessi è attribuibile al mancato riconoscimento della malattia subito dopo l’esordio. L’India è il Paese con il bilancio più pesante, con circa 159 mila morti per diagnosi mancate.
Uno degli aspetti che più evidenzia le disparità globali è l’aspettativa di vita. Nel 2025 un bambino di dieci anni con una nuova diagnosi di diabete di tipo 1 potrà vivere, a seconda del Paese, da un minimo di sei anni fino a un massimo di 66. Una forbice che racconta quanto conti l’accesso a insulina, strumenti di monitoraggio e cure di base: nei Paesi ricchi questi mezzi permettono una sopravvivenza quasi sovrapponibile a quella della popolazione generale, mentre in quelli poveri il futuro resta molto incerto.
Accanto ai numeri ufficiali c’è poi una popolazione invisibile, che lo studio definisce “persone mancanti”: sono coloro che non compaiono nelle statistiche perché non hanno mai ricevuto una diagnosi o perché sono morti troppo presto per la mancanza di cure adeguate. Nel 2025 si stima che siano 4,1 milioni, cifra destinata a crescere fino a 6,7 milioni nel 2040 se non verranno messe in campo strategie concrete.
Lo studio mette in luce anche un altro limite: per oltre il 50 per cento dei Paesi del mondo non esistono dati epidemiologici aggiornati sul diabete di tipo 1. Si tratta di 119 Paesi per i quali le stime derivano da estrapolazioni, una condizione che rischia di sottostimare la reale entità del problema. Per questo i ricercatori sottolineano la necessità urgente di rafforzare la sorveglianza, condurre studi di popolazione e migliorare la raccolta dei dati.
Il diabete di tipo 1 non è una condizione rara e non può più essere considerato una malattia “di nicchia”. È un problema di salute globale che sta crescendo rapidamente e che porta con sé profonde disuguaglianze. L’accesso universale all’insulina, ai dispositivi per il monitoraggio glicemico e a diagnosi tempestive non dovrebbe essere un privilegio, ma un diritto garantito. Dietro ogni numero c’è una vita che può essere salvata o compromessa, e il modo in cui i sistemi sanitari decideranno di affrontare questa sfida definirà il futuro di milioni di persone, soprattutto giovani.
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