Capire perché alcuni tumori sono particolarmente aggressivi e resistenti alle terapie è una delle sfide più complesse della ricerca oncologica. Il glioblastoma, la forma più comune e devastante di tumore cerebrale, è stato al centro dello studio guidato da Antonio Iavarone e Anna Lasorella. I ricercatori hanno utilizzato una nuova tecnologia di analisi, la trascrittomica spaziale, che consente di osservare le cellule tumorali nella loro posizione originaria e di valutarne i profili genetici. È emerso così che le cellule che rimangono raggruppate tendono a essere meno letali, mentre quelle che si disperdono ai margini degli aggregati sono più plastiche, più mobili e, di conseguenza, più aggressive.
La plasticità cellulare è da tempo considerata un fattore chiave dell’aggressività tumorale. Finora, però, non era chiaro cosa ne determinasse l’origine. “Abbiamo scoperto come fanno le cellule dei tumori maligni del cervello a modificarsi in continuazione per evadere le terapie”, spiega Iavarone. Lo studio dimostra infatti che trattamenti come la chemioterapia o la radioterapia, se applicati in una fase iniziale, possono rompere gli aggregati cellulari – la configurazione meno dannosa – e favorire la dispersione di cellule plastiche e resistenti. Ciò significa che, paradossalmente, proprio le terapie di prima linea possono contribuire ad aumentare l’aggressività residua del tumore.
Sebbene il glioblastoma non si diffonda con metastasi come altri tumori solidi, il meccanismo individuato dai ricercatori sembra valere anche in altre neoplasie, come il carcinoma della mammella. Le cellule che si mantengono raggruppate esprimono proteine di adesione che le aiutano a restare unite, mentre quelle che si staccano perdono queste caratteristiche, acquisendo una maggiore capacità di spostarsi e adattarsi. “Riteniamo che questo principio sia di importanza generale per i tumori solidi”, sottolinea Iavarone, evidenziando come la posizione cellulare possa rappresentare una nuova chiave di lettura per comprendere il comportamento delle neoplasie.
Lo studio, pubblicato con il titolo “Restraint of cancer cell plasticity by spatial homotypic interactions” su Cancer Cell, apre a scenari innovativi sul fronte terapeutico. L’obiettivo futuro, spiega Anna Lasorella, sarà quello di trovare il modo per mantenere le cellule tumorali in aggregati o addirittura invertire la dispersione. In questo modo, il tumore potrebbe essere reso meno aggressivo e più suscettibile alle cure.
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