Un importante studio del “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano e della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico ha identificato e caratterizzato varianti genetiche rare in pazienti con Atrofia Muscolare Spinale (SMA), una grave malattia neuromuscolare che colpisce i motoneuroni. La ricerca, guidata da Martina Rimoldi e pubblicata sulla rivista Neurology Genetics, ha analizzato 149 pazienti con SMA negli ultimi 20 anni, identificando nel 5% dei casi varianti nucleotidiche singole nel gene SMN1 associate a delezione eterozigote. Questa scoperta è particolarmente rilevante nell’era delle nuove terapie per la SMA, poiché la caratterizzazione genetica completa è fondamentale per l’accesso ai trattamenti e per comprendere le variazioni nella risposta terapeutica.
“L’identificazione di queste varianti rare è di cruciale importanza per migliorare la diagnosi e la prognosi dei pazienti con SMA”, spiega Stefania Corti, co-responsabile dello studio. “Con l’avvento delle terapie innovative come nusinersen, onasemnogene abeparvovec e risdiplam, una diagnosi genetica precisa e tempestiva può fare la differenza nel percorso terapeutico del paziente”. Dario Ronchi, co-coordinatore della ricerca, sottolinea: “Il nostro approccio diagnostico integrato, che combina tecniche quantitative come la PCR real-time e il sequenziamento diretto, rappresenta un cambio di paradigma nelle linee guida attuali. Suggeriamo di considerare l’avvio tempestivo della terapia nei pazienti con delezione eterozigote di SMN1 e fenotipo clinico compatibile, senza attendere il completamento di tutti i test molecolari. È fondamentale sottolineare come al momento i pazienti con varianti rare sfuggano allo screening neonatale con possibili ritardi terapeutici, una necessità che deve essere risolta con analisi complete tempestive in futuro”.
Lo studio ha importanti ricadute terapeutiche. I pazienti con varianti missense come p.(Tyr130Cys) presentano fenotipi più lievi e potrebbero rispondere diversamente alle terapie disponibili rispetto ai pazienti con varianti nonsense. Inoltre, l’identificazione di varianti modificatrici nel gene SMN2, come c.859G>C e c.835-44A>G, permette di:
“Queste varianti modificatrici – dichiara Giacomo P. Comi, direttore del Centro Dino Ferrari – ci aiutano a comprendere meglio la variabilità fenotipica osservata nei pazienti e possono guidare le decisioni terapeutiche personalizzate. La presenza di varianti come c.859G>C in omozigosi può migliorare significativamente la prognosi e influenzare la scelta del trattamento più appropriato”. Tra i risultati più significativi, lo studio ha identificato pazienti con geni ibridi SMN1/SMN2, una condizione rara che può sfuggire agli screening standard ma che presenta implicazioni terapeutiche specifiche, come dimostrato dalla risposta positiva al trattamento con nusinersen in uno dei pazienti dello studio.
La ricerca sottolinea l’importanza dello screening neonatale per la SMA, già attivo in diverse regioni italiane, e la necessità di implementare approcci diagnostici molecolari avanzati per identificare anche le forme più rare della malattia che sfuggono agli screening tradizionali. La diagnosi precoce è fondamentale poiché:
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