Una nuova terapia a base di anticorpi si è dimostrata efficace nel rallentare la crescita del glioblastoma, la forma più aggressiva di tumore cerebrale negli adulti, con una sopravvivenza media dopo la diagnosi inferiore ai 15 mesi. Oltre a ostacolare la progressione tumorale, il trattamento riduce anche l’iperattività neuronale causata dal tumore, una condizione spesso associata a crisi epilettiche nei pazienti. Questo è quanto emerso da uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori guidato da Fabio Mammano, docente al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova e associato con incarico di ricerca all’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Communication and Signaling.
Il glioblastoma è notoriamente difficile da trattare. In questo studio i ricercatori hanno mirato a un bersaglio molecolare preciso: i canali emisomici delle connessine (connexin hemichannels), che nei tumori sono iperattivi e rilasciano segnali pro-tumorali come ATP (Adenosin Trifosfato, una molecola energetica essenziale per la crescita e la proliferazione delle cellule) e glutammato. Utilizzando colture cellulari derivate da pazienti e un modello murino rappresentativo della malattia, i ricercatori hanno testato un anticorpo monoclonale chiamato abEC1.1, in grado di bloccare selettivamente alcune connessine (Cx26, Cx30 e Cx32). I risultati sono stati:
“È la prima volta che un anticorpo terapeutico si dimostra capace di contrastare contemporaneamente la crescita del glioblastoma e l’iperattività neuronale che il tumore induce nei tessuti circostanti”, spiega Mammano (Università di Padova e Cnr-Ibbc). “Questo approccio apre la strada a nuove strategie terapeutiche che mirano non solo alle cellule tumorali, ma anche alle loro interazioni patologiche con l’ambiente cerebrale”, aggiunge. “Con questo studio abbiamo chiaramente evidenziato l’importanza di contrastare specificamente i componenti molecolari che attivano e rafforzano la comunicazione tra le cellule tumorali ed il tessuto circostante, alimentando la proliferazione incontrollata del glioblastoma”, aggiunge Daniela Marazziti, ricercatrice del Cnr-Ibbc e coautrice del lavoro.
L’anticorpo è stato somministrato sia come proteina purificata e sia tramite terapia genica con vettori virali AAV (virus adeno-associati), una modalità che potrebbe consentire effetti terapeutici duraturi con una sola somministrazione. Lo studio rafforza l’idea che i canali emisomici delle connessine siano un bersaglio farmacologico promettente per il trattamento del glioblastoma. La tecnologia è oggetto di brevetto in contitolarità tra l’Università di Padova, il Cnr, l’Università degli Studi di Milano e la ShanghaiTech University.La ricerca è stata condotta in collaborazione con istituzioni accademiche in Italia e Cina ed è stata finanziata da ministero dell’Università e della Ricerca (PRIN), Fondazione Cariparo, Fondazione Giovanni Celeghin, ShanghaiTech University e Fondazione Umberto Veronesi.
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