Salute 26 Giugno 2025 12:28

Malattie autoimmuni, il rischio di disturbi affettivi quasi raddoppia

 Lo rivela uno studio su 1,5 milioni di persone nel Regno Unito. L’infiammazione cronica potrebbe essere la chiave del legame. Colpite soprattutto le donne: “Screening psicologico precoce anche per loro”
Malattie autoimmuni, il rischio di disturbi affettivi quasi raddoppia

Non solo dolore fisico, fatica, sintomi imprevedibili. Convivere  con una malattia autoimmune significa anche essere più a rischio di disturbi mentali, dalla depressione all’ansia, fino al disturbo bipolare. Il legame tra la salute mentale è le patologie autoimmuni è il focus di uno studio britannico pubblicato su BMJ Mental Health. I ricercatori hanno dimostrato che il rischio di ricevere una diagnosi psichiatrica quasi raddoppia nelle persone con una malattia autoimmune. Una condizione che, nel 75% dei casi, riguarda le donne, ancora una volta più vulnerabili anche dal punto di vista emotivo.

I numeri di un rischio nascosto

Lo studio ha attinto ai dati del progetto Our Future Health, che coinvolge oltre 1,5 milioni di cittadini britannici. Di questi, 37.808 hanno dichiarato di soffrire di almeno una delle sei malattie autoimmuni considerate: artrite reumatoide, sindrome di Graves, malattia infiammatoria intestinale, lupus, sclerosi multipla e psoriasi. Il confronto con la popolazione generale è netto. La prevalenza di almeno un disturbo affettivo è del 29% tra i soggetti con malattia autoimmune, contro il 18% tra chi non ne soffre. Nel dettaglio, depressione (25,5% vs poco più del 15%), ansia (21% vs 12,5%) e disturbo bipolare (1% vs 0,5%) risultano tutti significativamente più frequenti. E il divario si fa ancora più marcato quando si guarda al genere: tra chi convive con una patologia autoimmune, il 32% delle donne ha ricevuto una diagnosi psichiatrica, contro il 21% degli uomini.

L’infiammazione come possibile anello di congiunzione

Sebbene lo studio non possa dimostrare un nesso causale diretto, i ricercatori ipotizzano che a giocare un ruolo chiave sia l’infiammazione cronica sistemica, un tratto comune alle malattie autoimmuni. In assenza di marcatori biologici diretti, la diagnosi autoimmune è stata utilizzata come proxy clinico per uno stato infiammatorio persistente. Una “costellazione” di fattori – citochine, anticorpi, ormoni sessuali, stress cronico – potrebbe favorire l’emergere di sintomi psichici, specie nelle donne, che mostrano una risposta immunitaria più intensa e un’incidenza più alta di malattie autoimmuni. “È possibile che le donne affrontino una doppia sfida: una maggiore suscettibilità biologica alle infiammazioni e un impatto più marcato sulla salute mentale”, osservano i ricercatori.

Verso un approccio integrato e personalizzato

Anche dopo l’aggiustamento per età, reddito e storia familiare, il rischio resta elevato: +87-97% per ogni disturbo affettivo considerato. Il dato, secondo gli autori, è abbastanza solido da suggerire un cambio di rotta. In attesa di studi futuri che chiariscano tempi, gravità e meccanismi biologici del legame tra autoimmunità e psiche, l’invito è uno: inserire lo screening psicologico nei protocolli di cura delle malattie autoimmuni, sin dalla diagnosi e con particolare attenzione alle pazienti donne. “È necessario riconoscere i segnali della sofferenza mentale prima che diventino cronici. Il trattamento precoce può fare la differenza”. A questo si aggiunge la necessità di approfondire altri fattori modificabili, come il dolore cronico, la fatica, i disturbi del sonno e l’isolamento sociale, per sviluppare strategie personalizzate di supporto e prevenzione.

 

 

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