Proteggere il cuore aiuta a preservare anche la memoria. Ne sono convinti i ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, guidati da Jason Smith, che hanno pubblicato una ricerca su JAMA Neurology. Lo studio apre ad una nuova consapevolezza: prendersi cura della salute vascolare, già dalla mezza età, può fare la differenza anche per la mente. Per giungere a questa conclusione gli scienziati hanno seguito per oltre trent’anni più di 22mila persone, raccogliendo dati preziosi sull’associazione tra fattori di rischio cardiovascolare e l’insorgenza della demenza prima degli 80 anni.
I risultati parlano chiaro. Secondo i ricercatori, tra il 22% e il 44% dei casi di demenza insorti entro l’ottantesimo anno di età potrebbero essere attribuiti a condizioni come ipertensione, diabete e fumo, se presenti tra i 45 e i 74 anni. Percentuali importanti, che indicano una finestra temporale fondamentale su cui intervenire, quando le malattie neurodegenerative sono ancora lontane ma i primi segnali di usura vascolare iniziano a manifestarsi. L’analisi suggerisce che proprio la mezza età e la terza età precoce rappresentano il periodo più cruciale per mettere in campo strategie di prevenzione efficaci. Non si tratta solo di farmaci, ma anche – e soprattutto – di abitudini quotidiane: movimento regolare, controllo del peso, alimentazione equilibrata e attenzione costante ai valori di pressione e glicemia.
Dopo gli 80 anni, i fattori vascolari perdono peso nel determinare l’insorgenza della demenza, segno che molto di quello che possiamo fare per proteggere il cervello va fatto prima. È un tempo che va colto e abitato con consapevolezza, perché ciò che facciamo oggi può incidere profondamente sulla qualità della nostra vita futura. Nel commentare i dati, anche l’editoriale che accompagna lo studio invita a leggere questi risultati come una doppia opportunità: “Affrontare i fattori di rischio vascolare significa non solo proteggere il cuore e le arterie, ma anche ridurre le probabilità di sviluppare deficit cognitivi gravi. Due fronti – quello cardiovascolare e quello neurologico – che condividono una stessa base biologica e, spesso, anche una stessa traiettoria clinica”, concludono gli studiosi.
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