L’utilizzo della chemioterapia e dell’immunoterapia nei pazienti con tumore del polmone avanzato prima dell’intervento possono migliorare significativamente la patologia e consentire l’asportazione chirurgica in questi pazienti complessi. A dimostrare l’efficacia di questo approccio terapeutico innovativo è uno studio internazionale pubblicato sulla rivista JAMA Oncology, frutto di una collaborazione tra centri di eccellenza in Italia e Stati Uniti, con il coordinamento dell’IFO-Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE).
La ricerca ha incluso 112 casi clinici di carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III avanzato e non operabili. Il 75% dei pazienti è stato sottoposto a chirurgia, con un tasso di risposta completa del 29% e risposta significativa del 42,2%. I pazienti trattati hanno ottenuto una sopravvivenza libera da malattia superiore a 52 mesi. “Il Regina Elena ha contribuito allo studio – evidenzia Federico Cappuzzo, direttore dell’UOC di Oncologia Medica 2 IRE e coordinatore dello studio – attraverso l’arruolamento e la caratterizzazione molecolare dei pazienti, confermando il valore della cooperazione internazionale e dell’integrazione tra ricerca clinica e traslazionale. Il 75% dei pazienti è stato operato con successo, con una risposta completa alla terapia in quasi un terzo dei casi”.
“Grazie a questo approccio innovativo – sottolinea Lorenza Landi, responsabile UOSD Sperimentazioni Cliniche di Fase 1 e Medicina di precisione IRE – di combinazione specifica di chemio e immunoterapia, siamo riusciti a ridurre la massa tumorale e rendere operabili pazienti con carcinoma polmonare localmente avanzato, e dare così nuove speranze a chi fino a ieri non aveva alcuna opzione chirurgica”. Il carcinoma polmonare in stadio III borderline resecabile o non resecabile rappresenta una delle sfide più difficili in oncologia, con opzioni di trattamento spesso poco efficaci. I risultati di questo studio offrono nuove speranze, indicando che un’attenta selezione dei pazienti e l’impiego strategico dell’immunoterapia prima della chirurgia possono cambiare la storia clinica della malattia. La chemioterapia insieme alla radioterapia sono lo standard terapeutico per il tumore polmonare non a piccole cellule, non operabile, mentre la chemio-immunoterapia neoadiuvante offre un’alternativa emergente per i tumori in stadio III resecabili ma borderline.
Lo studio ha dimostrato che l’associazione tra chemioterapia e immunoterapia – somministrata prima dell’intervento chirurgico – può migliorare significativamente l’efficacia del trattamento anche nei casi più complessi e con prognosi sfavorevole. In particolare, il trattamento combinato con farmaci che bloccano le proteine PD-1 o PD-L1, coinvolte nel “camuffamento” del tumore rispetto al sistema immunitario, ha permesso di rendere operabili 3 pazienti su 4, con una risposta completa alla terapia in quasi un terzo dei casi. I pazienti sottoposti a chirurgia hanno mostrato una sopravvivenza libera da eventi, senza progressione della malattia o ricadute, che ha superato i 52 mesi. “I risultati e il coordinamento dell’IRE – evidenzia Giovanni Blandino direttore scientifico IRE f.f. – confermano l’importanza della ricerca traslazionale e del fare rete tra istituzioni di eccellenza per portare in tempi rapidi i risultati della ricerca alla pratica clinica.”
“Ritengo estremamente importante impegnarsi – commenta Livio De Angelis, direttore generale IFO-IRE – per offrire sempre nuove opportunità terapeutiche ai pazienti che fino a ieri avevano scarse chances di essere curati a causa del tipo e del grado di malattia. L’Istituto è impegnato su tutti i fronti nella lotta al tumore del polmone: dalla diagnosi precoce alla chirurgia avanzata, dalle terapie oncologiche innovative alla ricerca traslazionale, con l’obiettivo di migliorare concretamente la qualità e le prospettive di vita dei pazienti”. Lo studio apre la strada a ulteriori ricerche e a possibili aggiornamenti delle linee guida terapeutiche internazionali.
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