Che sia per gusto o per abitudine, bere regolarmente caffè con caffeina potrebbe essere un vero e proprio elisir per invecchiare in salute, soprattutto per le donne over 50. Parola dei ricercatori della Harvard T.H. Chan School of Public Health che hanno condotto uno studio sull’argomento, presentato alla conferenza internazionale dell’American Society for Nutrition. La ricerca ha analizzato i dati di oltre 47mila donne tra i 45 e i 60 anni, seguite per un periodo di circa 30 anni nell’ambito del celebre Nurses’ Health Study. L’obiettivo? Verificare se esista un’associazione tra consumo di caffeina nella mezza età e qualità dell’invecchiamento dopo i 70 anni.
Secondo quanto riferito durante la conferenza, le donne che consumavano in media circa 315 milligrammi di caffeina al giorno, corrispondenti a circa tre tazzine di caffè, mostravano una maggiore probabilità di invecchiare in modo sano, ovvero senza gravi malattie croniche e con buone capacità cognitive, motorie e fisiche. Un effetto che, secondo gli autori, potrebbe essere attribuito all’azione antinfiammatoria e antiossidante della caffeina e di altri composti bioattivi contenuti nel caffè. “Abbiamo osservato che il consumo moderato di caffè con caffeina durante la mezza età era associato a una probabilità più alta di invecchiamento sano”, spiega la ricercatrice Sara Mandavi, evidenziando come l’effetto benefico non sia stato rilevato tra le donne che bevevano caffè decaffeinato o tè.
Anche se i risultati non indicano una relazione di causa-effetto, i ricercatori sottolineano che esistono dati coerenti con studi precedenti che collegano il consumo moderato di caffè a un minor rischio di diabete, malattie cardiovascolari e declino cognitivo. Al momento, lo studio completo non è ancora disponibile in formato peer-reviewed: le conclusioni sono state presentate solo sotto forma di abstract alla conferenza Nutrition 2025. Questo significa che sarà necessario attendere la pubblicazione integrale dei dati e la revisione scientifica per valutare nel dettaglio la metodologia, i limiti e le implicazioni cliniche.
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